MAHLER
Sinfonia Nr.4 in sol maggiore
Gustav Mahler: Sinfonia n°4
Recensione di: Senmayan , (Thursday, February 09, 2006)
Mozart sonate eseguite
da Lodovico Lessona
Sonata in do Maggiore K. 330 allegro moderato, andante cantabile, allegretto
Antonio Vivaldi wrote a set of concertos, Op. 7, in 1716-1717.
Ten of them were for violin solo, and the other two were for oboe solo.
Concerto No. 1 for oboe, strings, and basso continuo in B-flat major, RV 465
Concerto No. 2 for violin, strings and basso continuo in C major, RV 188
Concerto No. 3 for violin, strings and basso continuo in G minor, RV 326
Concerto No. 4 for violin, strings and basso continuo in A minor, RV 354
Concerto No. 5 for violin, strings and basso continuo in F major, RV 285a
Concerto No. 6 for violin, strings and basso continuo in B-flat major, RV 374
Concerto No. 7 for oboe, strings and basso continuo in B-flat major, RV 464
Concerto No. 8 for violin, strings and basso continuo in G major, RV 299
Concerto No. 9 for violin, strings and basso continuo in B-flat major, RV 373
Concerto No. 10 for violin, strings and basso continuo in F major, “Il Ritiro”,RV 294a
Concerto No. 11 for violin, strings and basso continuo in D major, RV 208a
Concerto No. 12 for violin, strings and basso continuo in D major, RV 214
Lato 1 Quartetto in sol minore K 478 Allegro, Andante, Rondò allegro
Lato 2 Quartetto in mi bem magg. K 493 Allegro, Larghetto, Allegretto
Quartetto di Torino
L.Giarbella pianoforte
A.Mosesti violino
C.Pozzi viola
E.Roveda violoncello
Il genere del quartetto per pianoforte e archi non può vantare una storia paragonabile a quella del quartetto per archi. Quando, nel 1778, l‘abate joseph Vogler compose il primo Quartetto per pianoforte, violino, viola e violoncello di cui si abbia notizia, il quartetto per archi soli aveva già alle sue spalle una storia comprendente, ad esempio, i Quartetti del Sale di Haydn. Oggi, seppur ricco di lavori affascinanti (basti pensare al Quartetto di Schumann e hai tre di Brahms), il quartetto per pianoforte e archi non ha da sfoggiato un qualcosa che pareggi gli ultimi quartetti per archi di Beethoven o di Schubert; Beethoven
e Schubert compaiono sl nella storia del quartetto per pianoforte e archi, ma in modo molto marginale e persino un po’ curioso; Schubert con un Adagio e Rondò, D487, che aderisce ai canoni della più tipica musica da camera del periodo Biedermeier, e Beethoven con tre Quartetti, Wo036, scritti alla felice età di anni quindici. L’età non impedisce a Beethoven di esser Beethoven, Anzi, se si pon mente all’anno di composizione, 1785, é da dire che il ragazzetto di Bonn, dedicandosi ad un genere non consacrato da lunga e consolidata tradizione, seppe subito dimostrate una eccezionale sensibilità storica e uno spirito di ricerca che lo qualificavano come rivoluzionario.
Tuttavia, i Quartetti Wo0 36, per quanto rivelatori di una personalità di eccezione, non sono opere mature e compiute, da paragonarsi — nonché agli ultimi Quartetti per archi — neppure ai Quartetti dell’op, 18, E sul genere del quartetto per pianoforte e archi Beethoven non tornò più.
Anche Mozart trattò il quartetto per pianoforte e archi solo per eccezione: due volte, nell’arco di otto mesi. E’ curioso che proprio nello stesso anno il Beethoven quindicenne e il Mozart ventinovenne pensassero di scrivere quartetti per pianoforte ed archi. Conobbero allora il Quartetto del Vogler, che era stato pubblicato a Parigi nel 1781e che, a quanto se ne sa, non era ancora stato imitato da nessuno? O fu un editore che sollecito Mozart alla composizione? Non sappiamo. L’idea di un quartetto per pianoforte e archi era fuori della norma e della pratica, ed ogni ricerca di novita richiedeva nel compositore una dose di intraprendenza e di coraggio di cui oggi non ci rendiamo più conto, ma che doveva esser grande in un’epoca in cui la creazione musicale era strettamente legata alla diffusione ed al mercato.
Nel mercato, nella pratica musicale del tempo era comune il rapporto pianoforte archi nelle sonate con accompagnamento e negli adattamenti cameristici di concerti per pianoforte e orchestra. I periodi rococò e protocollassimo videro una enorme proliferazione di concerti per pianoforte e orchestra, con un’orchestra limitata al quintetto d’archi con due oboi e due corni ad libitum, e spesso con le parti degli archi comprendenti soltanto due violini e basso. Per evidenti ragioni editoriali, ma anche perché l’orchestra aveva una funzione prevalentemente accompagnante e raramente concertante, era consentita dai compositori l’esecuzione dei concerti con accompagnamento di due violini e violoncello o di due violini, viola e violoncello. Questa versione alternativa, detta a quattro , fu prevista da Mozart per i primi Concerti che pubblicò, persino per un Concerto di impostazione sinfonica come il 415 in do maggiore. Da quest’uso nacque probabilmente l‘idea di un complesso strumentale con pianoforte, violino, viola e violoncello; e dallo sviluppo del quartetto per archi derivo il rapporto paritetico, concertante, tra i quattro strumenti. I problemi compositivi che ne conseguivano furono affrontati, ma non compiutamente risolti né dal Vugler né dal quindicenne Beethoven: furono affrontati e risolti da Mozart, alle soglie dei trent’anni e nel pieno della maturità’ creativa.
Il Quartetto in sol minore, K478, fu composto nell’autunno del 1785 e iscritto nel catalogo dell’autore il 16 ottobre. Il rapporto, la derivazione dal genere del concerto per pianoforte e orchestra è messa in evidenza dal fatto che il Quartetto K478, al contrario dei Quartetti per archi della famosa serie dedicata a Haydn, scritti tra il 1782 e il 1785, è in tre invece che in quattro tempi. Appare audace la scelta della tonalità di impianto, in sol minore. Le tonalità di modo minore erano in realtà rare sia net concerti che nei quartetti per
archi; ad esempio, solo dei più che quaranta concerti che Mozart scrisse per vari strumenti sono in modo minore, e ancora Beethoven avrebbe impiegato il modo minore in uno solo dei suoi otto concerti (Mendelssohn, Chopin Schumann, al contrario, avrebbero usato solo il modo minore nei concerti licenziati alle stampe); anche nei trentuno Quartetti per archi di Mozart il modo minore compare eccezionalmente; tre volte soltanto. Sorprende dunque che Mozart, trattando un genere per la prima volta, scegliesse come tonalità di impianto una tonalità di modo minore; ma la insolita scelta mozartiana viene attenuata mediante un altro insolito correttivo: l’ultimo tempo non E in sol minore, ma il sol maggiore, E
siccome il secondo tempo e impiantato nella tonalità di si bemolle maggiore il colore tonale della composizione risulta molto singolare, addirittura unico nella musica di Mozart.
Il rapporto tra i quattro strumenti e impostato e mantenuto da Mozart, sin dall’inizio, su un piano di pariteticita, con impiego di tutte le tre possibili combinazioni: quattro strumenti assieme, pianoforte alternato o contrapposto al gruppo degli archi, discorso polifonico a quattro, La difficoltà tecnica è uguale per tutti gli strumenti: solo molto raramente (ad esempio, alla fine del primo tempo e in qualche momento del finale) il pianoforte sfoggia un virtuosismo più da concerto che da musica da camera. Alla viola, che Mozart prediligeva (la suonava volentieri quando eseguiva in famiglia quartetti per archi), ma che ai suoi tempi non aveva ancora avuto un grande sviluppo tecnico, viene attribuito un ruolo non inferiore di quello del violino.
Allegro iniziale è costruito secondo lo schema del cosiddetto allegra di sonata o forma-sonata, con primo tema, transizione, secondo tema, conclusione, e con una tripartizione generale comprendente esposizione, sviluppo, riesposizione. L’unico carattere singolare è da considerare una coda conclusiva dopo la riesposizione, piuttosto rara in Mozart (e frequentissima invece in Beethoven).
Il secondo tempo, come di solito accade con il Mozart dei primi anni viennesi, é un Andante invece di un Adagio. La forma è quella dell’allegro di sonata senza sviluppo, ed il carattere espressivo, sereno e disteso, si incupisce appena in un breve inciso del secondo tema. Il finale è un Rondò assai ampio, in cinque episodi, con uno sviluppo al posto di un veto e proprio terzo tema: per vastità di architettura e per impegno compositivo questo finale é paragonabile ad alcuni finali di Concerti per pianoforte (ad esempio, il K 466 in re minore e il K 488 in la maggiore) in forma di rondò. Nel finale del Quartetto compaiono due curiose premonizioni; un inciso melodico avrebbe trovato una sua splendida collocazione, di li a pochi mesi nel finale del Concerto K488, e nella transizione dal primo al secondo tema si trova, nella parte del pianoforte, un frammento che sarebbe poi diventato, nel gennaio successivo, il tema del Rondò per pianoforte solo in re maggiore K 485.
Nell’autunno del 1785, al quinto anno della sua carriera di libero professionista, Mozart era un vulcano in perpetua eruzione, che investiva il mercato con gigantesche colate di musica, Scriveva per vivere, e scriveva per il pubblico. E` dunque quasi certo che il Quartetto K47B venisse pensato… non come, oasi dello spirito, ma come fonte di guadagno, come novità che avrebbe incuriosito i capricciosi viennesi. Sulle circostanze della composizione e delle probabili esecuzioni non si hanno pero notizie dl prima mano, Il Nissen, secondo marito di Costanza Mozart, vedova di Volfango, racconta che il quartetto sarebbe stato commissionato dall’editore Hoffmeister come primo di una progettata serie di tre. Pubblicaro il Quartetto, l’editore non sarebbe stato confortato dalle vendite ed avrebbe rifiutato di dar seguito all’ordinazione, perdendo l’anticipo già versato. La storia è plausibile, non accertata, Tuttavia Mozart, dopo che ne1l`inverno 1785-86 aveva composto tra l’altro 1 Concerti K482, 488 e K491, e dopo aver messo in scena, l’1 maggio 1786, nientemeno che Le nozze di Figaro, scrisse un secondo Quartetto per pianoforte e archi, K493, terminato il 3 giugno e pubblicato l’anno dopo dall’editore Artaria.
Nel Quartetto in mi bemolle maggiore K 493, ci pare, Mozart tiene in considerazione le attese del pubblico più di quanto non facesse nel Quartetto in sol minore: in questo senso le notizie del Nissen debbono essere ritenute sostanzialmente veritiere. Nel primo tempo il compositore aggiunge al secondo un terzo tema, accrescendo cosi} i motivi di varietà e di interesse, e rinunciando per ciò alla compattezza formale del primo tempo del Quintetto in sol minore, Il tono diventa subito più discorsivo e colloquiale, e anche la scrittura quartettistica é meno complessa. Lo sviluppo, assai lungo, é tutto casato sul secondo tema, che nell’economia della composizione acquista quindi un rilievo predominante; anche la breve coda conclusiva è basata sul secondo tema.
Più denso di contenuti musicale, e di ricca scrittura é il secondo tempo, in serrata forma-sonata con coda. Il finale è basato su un tema principale a modo di gavotta, che ricorda certe pagine mozartiane di ispirazione rococò, e strutturate in quella forma di rondò molto sviluppato che Mozart usa spesso nei finali dei Concerti per pianoforte. La scrittura è concertante, ma il pianoforte esercita un evidente predominio, e lo stile ricorda quello dei Concerti che potevano essere eseguiti con l’intera orchestra o con soli archi.
PIERO RATTALINO
Non c’è bisogno di presentazioni!
“La più meravigliosa improvvisazione che sia che sia mai uscita da cervello di musicista”
Così il Radiciotti, autore di un monumentale studio su Gioachino Rossini, definisce sinteticamente il Barbiere.
Il Barbiere di Siviglia – introduzione all’Opera di Rossini.
Il Barbiere di Siviglia, con le sue melodie eleganti, i suoi ritmi trascinanti e il suo superbo stile di composizione, viene considerata la più grande opera buffa italiana, eternamente fresca nella sua vena comica e nella sua inventiva. Gioachino Rossini scrisse Il Barbiere di Siviglia a Via dei Leutari, nel palazzo di fronte agli appartamenti di Palazzo Olivia, dove soggiorno nel 1816.
Rossini era notoriamente pigro. Rimandava il completamento dei lavori commissionatigli fino all’ultimo momento, e spesso “prendeva in prestito” della musica dalle sue altre opere, per risparmiarsi la fatica di scriverne di nuova. La famosa ouverture del Barbiere era stata precedentemente utilizzata in altre due sue opere; eppure, il Barbiere di Siviglia fu scritta ad una velocità supersonica: undici giorni diceva lui, sicuramente dal “concepimento” alla stesura finale non passarono più di venti giorni. Strabiliante se consideriamo che al tempo un buon amanuense era in grado di copiare in venti giorni proprio il numero totale delle pagine del manoscritto rossiniano.
Come spesso capita nello strano mondo della lirica, Il Barbiere, alla sua prima rappresentazione – il 20 Febbraio 1816 al Teatro Argentina di Roma- fu un fiasco strepitoso. l giovane Gioachino, con quell’opera, aveva osato sfidare il grande Paisiello, mettendo in scena, mentre era ancora vivo il famoso compositore napoletano, un’opera che lo stesso aveva già musicato. Il confronto con Paisiello era temuto, tanto che nel libretto fu pubblicato un “Avvertimento al pubblico” in cui si affermava che: “Il Signor Maestro Gioachino Rossini, onde non incorrere nella taccia d’una temeraria rivalità con l’immortale autore che l’ha preceduto, ha espressamente richiesto che Il Barbiere di Siviglia fosse di nuovo interamente versificato, e che vi fossero aggiunte parecchie nuove situazioni di pezzi musicali, che erano d’altronde reclamate dal moderno gusto teatrale, cotanto contagiato dall’epoca in cui scrisse la sua musica il rinomato Paisiello.” Questo non evito che gli ammiratori del Paisiello boicottassero la “prima”, inveendo e rumoreggiando per l’intera esecuzione. A ciò bisogna aggiungere le mille disavventure che capitarono durante l’intera rappresentazione, lasciando esterrefatto lo stesso Maestro pesarese, che dal cembalo dirigeva l’opera. Si narra che alla prima rappresentazione di questo capolavoro, in scena ne successero di tutti i colori: il basso Vitarelli, Don Basilio per l’occasione, al suo ingresso in scena inciampo e cadde battendo la faccia. All’aria della calunnia gli usciva ancora il sangue dal naso e dovette cantare tamponandosi il naso tra una frase e l’altra. Un gatto, che aveva residenza stabile presso il Teatro Argentina, apparve d’improvviso sul palcoscenico nel bel mezzo del finale e si mise a miagolare e a strusciarsi sulle gambe dei cantanti, fra le matte risate del pubblico! Al termine della rappresentazione, Rossini, imbestialito, si sottrasse alla folla degli spettatori, e torno da solo a piedi in Via dei Leutari.
Ma già alla seconda rappresentazione il pubblico romano ebbe ad inchinarsi alla musica immortale del Barbiere, cosi come, a malincuore, ebbero a fare gli ammiratori del Paisiello. Forse non tutti sanno che, fino al tardo ottocento, l’aria di Rosina cantata durante la lezione di musica era quasi sempre lasciata scegliere dalla stessa cantante che rappresentava Rosina, anche perché questo cambio non interferisce per nulla con lo svolgersi dell’intreccio. Anche nel nostro secolo diverse cantanti si sono concesse il vezzo del cambio dell’aria, celebre e la cavatina del Tancredi, noto cavallo di battaglia di una grande cantante ancora in attività: Marilyn Horne.
Il Barbiere di Siviglia
Melodramma buffo in due atti di Cesare Sterbini
Registrazione eseguita negli studi italiani de “La voce del Padrone”
(avanzandosi con cautela)
Piano, pianissimo,
senza parlar,
tutti con me
venite qua.
CORO
Piano, pianissimo,
eccoci qua.
TUTTI
Tutto e’ silenzio;
nessun qui sta
che i nostri canti
possa turbar.
CONTE
(sottovoce)
Fiorello Ola’
FIORELLO
Signor son qua.
CONTE
Ebben! gli amici?
FIORELLO
Son pronti gia’.
CONTE
Bravi, bravissimi,
fate silenzio;
piano, pianissimo,
senza parlar.
CORO
Piano, pianissimo, senza parlar.
(I Suonatori accordano gli istrumenti,
e il Conte canta accompagnato da essi.)
CONTE
Ecco, ridente in cielo
spunta la bella aurora,
e tu non sorgi ancora
e puoi dormir cosi’?
Sorgi, mia dolce speme,
vieni, bell’idol mio;
rendi men crudo, oh Dio,
lo stral che mi feri’.
Oh sorte! gia’ veggo
quel caro sembiante;
quest’anima amante
ottenne pieta’.
Oh istante d’amore!
Oh dolce contento!
Soave momento
che eguale non ha!
Ehi, Fiorello?
FIORELLO
Mio Signore
CONTE
Di’, la vedi?
FIORELLO
Signor no.
CONTE
Ah, ch’e’ vana ogni speranza!
FIORELLO
Signor Conte, il giorno avanza
CONTE
Ah! che penso! che faro’?
Tutto e’ vano buona gente!
CORO
(sottovoce)
Mio signor
CONTE
Avanti, avanti.
(Da’ la borsa a Fiorello, il quale distribuisce i denari a tutti.)
Piu’ di suoni, piu’ di canti
io bisogno omai non ho.
FIORELLO
Buona notte a tutti quanti,
piu’ di voi che far non so.
(I Suonatori circondano il Conte ringraziandolo
e baciandogli la mano e il vestito.
Egli, indispettito per lo strepito che fanno, li va cacciando.
Lo stesso fa anche Fiorello.)
CORO
Mille grazie mio signore
del favore dell’onore
Ah, di tanta cortesia obbligati in verita’.
(Oh, che incontro fortunato!
E’ un signor di qualita’.)
CONTE
Basta, basta, non parlate
Ma non serve, non gridate
Maledetti, andate via
Ah, canaglia, via di qua.
Tutto quanto il vicinato
questo chiasso svegliera’.
FIORELLO
Zitti, zitti che rumore!
Ma che onore? che favore?
Maledetti, andate via Ah, canaglia, via di qua!
Ve’, che chiasso indiavolato! Ah, che rabbia che mi fa!
(I suonatori partono.)
SCENA II scena 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 20
(Atto I)
Il Conte e Fiorello.
CONTE
Gente indiscreta!
FIORELLO
Ah, quasi con quel chiasso importuno
tutto quanto il quartiere han risvegliato.
Alfin sono partiti!
CONTE
(guardando verso la ringhiera)
E non si vede!
E’ inutile sperar.
(Passeggia riflettendo.)
(Eppur qui voglio aspettar di vederla.
Ogni mattina ella su quel balcone
a prender fresco viene sull’aurora.
Proviamo.)
Ola’, tu ancora ritirati, Fiorel.
FIORELLO
Vado. La’ in fondo
attendero’ suoi ordini.
(Si ritira.)
CONTE
Con lei
se parlar mi riesce,
non voglio testimoni. Che a quest’ora
io tutti i giorni qui vengo per lei
dev’essersi avveduta. Oh, vedi, amore
a un uomo del mio rango
come l’ha fatta bella! Eppure, eppure
dev’essere mia sposa
(Si sente da lontano venire Figaro cantando.)
Chi e’ mai quest’importuno?
Lasciamolo passar; sotto quegli archi,
non veduto, vedro’ quanto bisogna;
gia’ l’alba appare e amor non si vergogna.
(Si nasconde sotto il portico.)
SCENA III scena 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 20
(Atto I)
Figaro, con la chitarra appesa al collo.
FIGARO
Largo al factotum
della citta’.
Presto a bottega,
che’ l’alba e’ gia’.
Ah, che bel vivere,
che bel piacere
per un barbiere
di qualita’!
Ah, bravo Figaro!
Bravo, bravissimo;
fortunatissimo
per verita’!
Pronto a far tutto,
la notte e il giorno
sempre d’intorno,
in giro sta.
Miglior cuccagna
per un barbiere,
vita piu’ nobile,
no, non si da’.
Rasori e pettini,
lancette e forbici,
al mio comando
tutto qui sta.
V’e’ la risorsa,
poi, del mestiere
colla donnetta
col cavaliere
Ah, che bel vivere,
che bel piacere
per un barbiere
di qualita’!
Tutti mi chiedono,
tutti mi vogliono,
donne, ragazzi,
vecchi, fanciulle:
Qua la parrucca
Presto la barba
Qua la sanguigna
Presto il biglietto
Figaro Figaro
Son qua, son qua.
Figaro Figaro.
Eccomi qua.
Ahime’, che furia!
Ahime’, che folla!
Uno alla volta,
per carita’!
Pronto prontissimo
son come il fulmine:
sono il factotum
della citta’.
Ah, bravo Figaro!
bravo, bravissimo;
a te fortuna
non manchera’.
SCENA IV scena 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 20
(Atto I)
Figaro, poi il Conte.
FIGARO
Ah, ah! che bella vita!
Faticar poco, divertirsi assai,
e in tasca sempre aver qualche doblone
gran frutto della mia riputazione.
Ecco qua: senza Figaro
non si accasa in Siviglia una ragazza:
a me la vedovella
ricorre pel marito: io, colla scusa
del pettine di giorno,
della chitarra col favor la notte,
a tutti onestamente,
non fo per dir, m’adatto a far piacere,
oh che vita, che vita! Oh che mestiere!
Orsu’, presto a bottega
CONTE
(avanzandosi)
E’ desso, o pur m’inganno?)
FIGARO
(scorgendo il Conte)
(Chi sara’ mai costui?)
CONTE
(Oh, e’ lui senz’altro!)
Figaro!
FIGARO
Mio padrone
(riconoscendo il Conte)
Oh, chi veggo! Eccellenza!
CONTE
Zitto, zitto, prudenza!
Qui non son conosciuto,
ne’ vo’ farmi conoscere. Per questo
ho le mie gran ragioni.
FIGARO
Intendo, intendo,
la lascio in liberta’.
CONTE
No no
FIGARO
Che serve?
CONTE
No, dico: resta qua;
forse ai disegni miei
non giungi inopportuno Ma cospetto,
dimmi un po’, buona lana
come ti trovo qua? poter del mondo!
Ti veggo grasso e tondo
FIGARO
La miseria, signore!
CONTE
Ah birbo!
FIGARO
Grazie.
CONTE
Hai messo ancor giudizio?
FIGARO
Oh! e come. Ed ella,
come in Siviglia?
CONTE
Or te lo spiego. Al Prado
vidi un fior di bellezza, una fanciulla
figlia d’un certo medico barbogio
che qua da pochi di’ s’e’ stabilito.
Io, di questa invaghito,
lasciai patria e parenti, e qua men venni.
E qua la notte e il giorno
passo girando a que’ balconi intorno.
FIGARO
A que’ balconi? un medico? Oh cospetto!
Siete ben fortunato;
sui maccheroni il cacio v’e’ cascato.
CONTE
Come?
FIGARO
Certo. La’ dentro
io son barbiere, parrucchier, chirurgo
botanico, spezial, veterinario,
i1 faccendier di casa.
CONTE
Oh che sorte!
FIGARO
Non basta. La ragazza
figlia non e’ del medico. E’ soltanto
la sua pupilla!
CONTE
Oh, che consolazione!
FIGARO
Percio’ Zitto!
CONTE
Cos’e?
FIGARO
S’apre il balcone.
(Si ritirano sotto il portico.)
SCENA V scena 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 20
(Atto I)
Rosina, poi Bartolo, e detti.
ROSINA
(dal balcone)
Non e’ venuto ancor. Forse…
CONTE
Oh, mia vita!
Mio nume! mio tesoro!
Vi veggo alfine, alfine
ROSINA
(estraendo un biglietto)
Oh, che vergogna!
Vorrei dargli il biglietto
BARTOLO
(apparendo al balcone)
Ebben, ragazza?
I tempo e’ buono. Cos’e’ quella carta?
ROSINA
Niente, niente, signor: son le parole
dell’aria dell’Inutil Precauzione.
CONTE
Ma brava dell’Inutil Precauzione
FIGARO
Che furba!
BARTOLO
Cos’e’ questa
Inutil precauzione?
ROSINA
Oh, bella! e’ il titolo
del nuovo dramma in musica.
BARTOLO
Un dramma! Bella cosa! sara’ al solito
un dramma semiserio,
un lungo, malinconico, noioso,
poetico strambotto!
Barbaro gusto! secolo corrotto!
ROSINA
(lasciando cadere il biglietto)
Oh, me meschina! l’aria m’e’ caduta.
(a Bartolo)
Raccoglietela presto.
BARTOLO
Vado, vado.
(Si ritira.)
ROSINA
(verso il Conte)
Ps Ps!
CONTE
Ho inteso.
(Raccoglie il foglio.)
ROSINA
Presto.
CONTE
Non temete.
(Si nasconde.)
BARTOLO
(uscendo sulla via)
Son qua.
Dov’e’?
ROSINA
Ah, il vento l’ha portata via.
Guardate.
BARTOLO
Io non la veggo.
Eh, signorina, non vorrei (Cospetto!
Costei m’avesse preso!) In casa, in casa,
animo, su! A chi dico? In casa, presto.
ROSINA
Vado, vado. Che furia!
BARTOLO
Quel balcone io voglio far murare
Dentro, dico.
ROSINA
Ah, che vita da crepare!
(Rosina si ritira dal balcone. Bartolo rientra in casa.)
CONTE
Povera disgraziata!
Il suo stato infelice
sempre piu’ m’interessa.
FIGARO
Presto, presto:
vediamo cosa scrive.
CONTE
Appunto. Leggi.
FIGARO
(Legge il biglietto.)
“Le vostre assidue premure hanno eccitata la mia curiosita’
Il mio tutore e’ per uscir di casa;
appena si sara’ allontanato,
procurate con qualche mezzo ingegnoso d’indicarmi il vostro nome,
il vostro stato e le vostre intenzioni.
Io non posso giammai comparire al balcone
senza l’indivisibile compagnia del mio tiranno.
Siate pero’ certo che tutto e’ disposta a fare,
per rompere le sue catene, la sventurata Rosina.”
CONTE
Si’, si’, le rompera’. Su, dimmi un poco:
che razza d’uomo e’ questo suo tutore?
FIGARO
E’ un vecchio indemoniato avaro,
sospettoso, brontolone; avra’ cent’anni indosso
e vuol fare il galante: indovinate?
Per mangiare a Rosina
tutta l’eredita’ s’e’ fitto in capo
di volerla sposare. Aiuto!
CONTE
Che?
FIGARO
S’apre la porta.
(Si ritirano in fretta. Bartolo esce di casa.)
BARTOLO
(parlando verso la porta)
Fra momenti io torno;
non aprite a nessun. Se Don Basilio
venisse a ricercarmi, che m’aspetti.
(Le mie nozze con lei meglio e’ affrettare.
Si’, dentr’oggi finir vo’ quest’affare.)
(Parte.)
SCENA VI scena 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 20
(Atto I)
Il Conte e Figaro, poi Rosina.
CONTE
(fuori con Figaro)
Dentr’oggi le sue nozze con Rosina!
Ah, vecchio rimbambito!
Ma dimmi or tu! chi e’ questo Don Basilio?
FIGARO
E’ un solenne imbroglion di matrimoni,
un collo torto, un vero disperato,
sempre senza un quattrino
Gia’, e’ maestro di musica;
insegna alla ragazza.
CONTE
Bene, bene;
tutto giova saper.
FIGARO
Ora pensate della bella Rosina a soddisfar le brame.
CONTE
Il nome mio
non le vo’ dir ne’ il grado; assicurarmi
vo’ pria ch’ella ami me, me solo al mondo,
non le ricchezze e i titoli
del conte d’Almaviva. Ah, tu potresti…
FIGARO
Io? no, signore; voi stesso dovete
CONTE
Io stesso? e come?
FIGARO
Zitto? Eccoci a tiro,
osservate: perbacco, non mi sbaglio.
Dietro la gelosia sta la ragazza;
presto, presto all’assalto, niun ci vede.
In una canzonetta,
cosi’, alla buona, il tutto
spiegatele, signor
CONTE
Una canzone?
FIGARO
Certo. Ecco la chitarra; presto, andiamo.
CONTE
Ma io
FIGARO
Oh che pazienza!
CONTE
Ebben, proviamo.
Se i1 mio nome saper voi bramate,
dal mio labbro il mio nome ascoltate.
Io son Lindoro
che fido v’adoro,
che sposa vi bramo,
che a nome vi chiamo,
di voi sempre parlando cosi’
dall’aurora al tramonto del di’.
ROSINA
(dentro la casa)
Segui, o caro; deh, segui cosi’!
FIGARO
Sentite. Ah! che vi pare?
CONTE
Oh, me felice!
FIGARO
Da bravo, a voi, seguite.
CONTE
L’amoroso e sincero Lindoro,
non puo’ darvi, mia cara, un tesoro.
Ricco non sono,
ma un core vi dono,
un’anima amante
che fida e costante
per voi sola sospira cosi’
dall’aurora al tramonto del di’.
Rosina
L’amorosa e sincera
Rosina del suo core Lindo
(Si ritira dal balcone.)
SCENA VII scena 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 20
(Atto I)
Il Conte e Figaro.
CONTE
Oh cielo!
FIGARO
Nella stanza
convien dir che qualcuno entrato sia.
Ella si e’ ritirata.
CONTE
(con enfasi)
Ah cospettone!
Io gia’ deliro avvampo! Oh, ad ogni costo
vederla io voglio Vo’ parlarle. Ah, tu,
tu mi devi aiutar.
FIGARO
Ih, ih, che furia!
Si’, si’, v’aiutero’.
CONTE
Da bravo: entr’oggi
vo’ che tu m’introduca in quella casa.
Dimmi, come farai? via! del tuo spirito
vediam qualche prodezza.
FIGARO
Del mio spirito
Bene vedro’ ma in oggi
CONTE
Eh via! t’intendo.
Va la’, non dubitar; di tue fatiche
largo compenso avrai.
FIGARO
Davver?
CONTE
Parola.
FIGARO
Dunque, oro a discrezione?
CONTE
Oro a bizzeffe.
Animo, via.
FIGARO
Son pronto. Ah, non sapete
i simpatici effetti prodigiosi
che, ad appagare il mio signor Lindoro,
produce in me la dolce idea dell’oro.
All’idea di quel metallo
portentoso, onnipossente,
un vulcano la mia mente
incomincia a diventar.
CONTE
Su, vediam di quel metallo
qualche effetto sorprendente
del vulcan della tua mente
qualche mostro singolar.
FIGARO
Voi dovreste travestirvi,
per esempio da soldato.
CONTE
Da soldato?
FIGARO
Si’, signore.
CONTE
Da soldato? e che si fa?
FIGARO
Oggi arriva un reggimento.
CONTE
Si’, e’ mio amico il Colonnello.
FIGARO
Va benon.
CONTE
Eppoi?
FIGARO
Cospetto!
Dell’alloggio col biglietto
quella porta s’aprira’.
Che ne dite, mio signore?
Non vi par? Non l’ho trovata?
CONTE
Che invenzione prelibata!
Bravo, bravo,
in verita’!
Bella, bella,
FIGARO
Piano, piano un’altra idea!
Veda l’oro cosa fa.
Ubbriaco si’, ubbriaco,
mio signor, si fingera’.
CONTE
Ubbriaco?
FIGARO
Si’, signore.
CONTE
Ubbriaco? Ma perche’?
FIGARO
Perche’ d’un ch’e’ poco in se’
(imitando moderatamente i moti d’un ubbriaco)
che dal vino casca gia’,
il tutor, credete a me,
il tutor si fidera’.
A DUE
Che invenzione prelibata!
Bravo, bravo,
in verita’!
Bella, bella,
CONTE
Dunque
FIGARO
All’opra.
CONTE
Andiam.
FIGARO
Da bravo.
CONTE
Vado Oh, il meglio mi scordavo!
Dimmi un po’, la tua bottega per trovarti, dove sta?
FIGARO
La bottega? Non si sbaglia;
guardi bene; eccola la’.
(additando fra le quinte)
Numero quindici a mano manca
quattro gradini, facciata bianca,
cinque parrucche nella vetrina
sopra un cartello “Pomata fina”,
mostra in azzurro alla moderna,
v’e’ per insegna una lanterna
La’ senza fallo mi trovera’.
CONTE
Ho ben capito
FIGARO
Or vada presto.
CONTE
Tu guarda bene
FIGARO
Io penso al resto.
CONTE
Di te mi fido
FIGARO
Cola’ l’attendo.
CONTE
Mio caro Figaro
FIGARO
Intendo, intendo.
CONTE
Portero’ meco
FIGARO
La borsa piena.
CONTE
Si’, quel che vuoi, ma il resto poi
FIGARO
Oh non si dubiti, che bene andra’
CONTE
Ah, che d’amore
la fiamma io sento,
nunzia di giubilo
e di contento!
Ecco propizia
che in sen mi scende;
d’ardore insolito
quest’alma accende,
e di me stesso
maggior mi fa.
FIGARO
Delle monete
il suon gia’ sento!
L’oro gia’ viene,
viene l’argento;
eccolo, eccolo
che in tasca scende;
e di me stesso
maggior mi fa.
(Figaro entra in casa di Bartolo, il Conte parte.)
SCENA VIII scena 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 20
(Atto I)
(Fiorello solo)
FIORELLO
(entrando)
Evviva il mio padrone!
Due ore, ritto in pie’, la’ come un palo
mi fa aspettare e poi
mi pianta e se ne va. Corpo di Bacco!
Brutta cosa servire
un padron come questo,
nobile, giovinotto e innamorato;
questa vita, cospetto, e’ un gran tormento!
Ah, durarla cosi’ non me la sento!
(Parte.)
SCENA IX scena 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 20
(Atto I)
Camera nella casa di don Bartolo.
Di prospetto la finestra con gelosia, come nella scena prima.
Rosina, sola.
ROSINA
Una voce poco fa
qui nel cor mi risuono’;
il mio cor ferito e’ gia’,
e Lindor fu che il piago’.
Si’, Lindoro mio sara’;
lo giurai, la vincero’.
Il tutor ricusera’,
io l’ingegno aguzzero’.
Alla fin s’acchetera’
e contenta io restero’
Si’, Lindoro mio sara’;
lo giurai, la vincero’.
Io sono docile, son rispettosa,
sono obbediente, dolce, amorosa;
mi lascio reggere, mi fo guidar.
Ma se mi toccano dov’e’ il mio debole
saro’ una vipera e cento trappole
prima di cedere faro’ giocar.
Si’ si’, la vincero’. Potessi almeno
mandargli questa lettera. Ma come?
Di nessun qui mi fido;
il tutore ha cent’occhi basta, basta;
sigilliamola intanto.
(Va allo scrittoio e suggella la lettera.)
Con Figaro, il barbier, dalla finestra
discorrer l’ho veduto piu’ d’un’ora;
Figaro e’ un galantuomo,
un giovin di buon core
Chi sa eh’ei non protegga il nostro amore.
SCENA Xscena 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 20
(Atto I)
Figaro e detta.
FIGARO
Oh buon di’, signorina!
ROSINA
Buon giorno, signor Figaro.
FIGARO
Ebbene, che si fa?
ROSINA
Si muor di noia.
FIGARO
Oh diavolo! Possibile!
Un ragazza bella e spiritosa
ROSINA
Ah, ah, mi fate ridere!
Che mi serve lo spirito
che giova la bellezza
se chiusa io sempre sto fra quattro mura
che mi par d’esser proprio in sepoltura?
FIGARO
In sepoltura? ohibo’!
(chiamandola a parte)
Sentite io voglio
ROSINA
Ecco il tutor.
FIGARO
Davvero?
ROSINA
Certo, certo; e’ il suo passo
FIGARO
Salva, salva; fra poco
ci rivedrem: ho a dirvi qualche cosa.
ROSINA
E ancor io, signor Figaro.
FIGARO
Bravissima.
Vado.
(Si nasconde, poi tratto tratto si fa vedere.)
ROSINA
Quanto e’ garbato!
(Si ritira.)
SCENA XI scena 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 20
(Atto I)
Bartolo, Rosina, indi Berta e Ambrogio.
BARTOLO
Ah, disgraziato Figaro!
ah, indegno! ah, maledetto! ah, scellerato!
ROSINA
(Ecco qua: sempre grida.)
BARTOLO
Ma si puo’ dar di peggio!
Uno spedale ha fatto
di tutta la famiglia
a forza d’oppio, sangue e stranutiglia.
Signorina, il barbiere
lo vedeste?
ROSINA
Perche’?
BARTOLO
Perche’ lo vo’ sapere.
ROSINA
Forse anch’egli v’adombra?
BARTOLO
E perche’ no?
ROSINA
Ebben, ve lo diro’. Si’, I’ho veduto,
gli ho parlato, mi piace, m’e’ simpatico
il suo discorso, il suo gioviale aspetto
(Crepa di rabbia, vecchio maledetto.)
(Parte.)
BARTOLO
Vedete che grazietta!
Piu’ l’amo, e piu’ mi sprezza la briccona.
Certo, certo e’ il barbiere
che la mette in malizia.
Chi sa cosa le ha detto!
Chi sa! Or lo sapro’. Ehi. Berta. Ambrogio!
BERTA
(entrando e starnutendo)
Ecci’
(entra Ambrogio sbadigliando)
AMBROGIO
Ah! che comanda?
BARTOLO
Dimmi.
BERTA
Ecci’
BARTOLO
Il barbiere parlato ha con Rosina?
BERTA
Ecci’
BARTOLO
Rispondi almen tu, babbuino!
AMBROGIO
(sbadigliando)
Ah, ah!
BARTOLO
Che pazïenza!
AMBROGIO
Ah, ah! che sonno!
BARTOLO
Ebben!
BERTA
Venne, ma io
BARTOLO
Rosina
AMBROGIO
Ah!
BERTA
Ecci’
BARTOLO
Che serve! Eccoli qua, son mezzo morti.
Andate.
AMBROGIO
Ah!
BERTA
Ecci’
BARTOLO
Eh, il diavol che vi porti!
(Berta e Ambrogio partono)
SCENA XII scena 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 20
(Atto I)
Bartolo, indi don Basilio
BARTOLO
Ah! Barbiere d’inferno
Tu me la pagherai Qua, Don Basilio;
giungete a tempo! Oh! Io voglio,
per forza o per amor, dentro domani
sposar la mia Rosina. Avete inteso?
BASILIO
(dopo molte riverenze)
Eh, voi dite benissimo
e appunto io qui veniva ad avvisarvi
(chiamando a parte)
Ma segretezza! E’ giunto
il Conte d’Almaviva.
BARTOLO
Chi? L’incognito amante
della Rosina?
BASILIO
Appunto quello.
Bartolo
Oh diavolo!
Ah, qui ci vuol rimedio!
BASILIO
Certo; ma alla sordina.
BARTOLO
Sarebbe a dir?
BASILIO
Cosi’, con buona grazia
bisogna principiare
a inventar qualche favola
che al pubblico lo metta in mala vista,
che comparir lo faccia
un uomo infame, un’anima perduta
Io, io vi serviro’: fra quattro giorni,
credete a me, Basilio ve lo giura,
noi lo farem sloggiar da queste mura.
BARTOLO
E voi credete?
BASILIO
Oh certo! E’ il mio sistema.
E non sbaglia.
BARTOLO
E vorreste?
Ma una calunnia
BASILIO
Ah, dunque
la calunnia cos’e’ voi non sapete?
BARTOLO
No, davvero.
BASILIO
No? Uditemi e tacete.
La calunnia e’ un venticello,
un’auretta assai gentile
che insensibile, sottile,
leggermente, dolcemente
incomincia a sussurrar.
Piano piano, terra terra,
sottovoce, sibilando,
va scorrendo, va ronzando;
nelle orecchie della gente
s’introduce destramente
e le teste ed i cervelli
fa stordire e fa gonfiar.
Dalla bocca fuori uscendo
lo schiamazzo va crescendo
prende forza a poco a poco,
vola gia’ di loco in loco;
sembra il tuono, la tempesta
che nel sen della foresta
va fischiando, brontolando
e ti fa d’orror gelar.
Alla fin trabocca e scoppia,
si propaga, si raddoppia
e produce un’esplosione
come un colpo di cannone,
un tremuoto, un temporale,
un tumulto generale,
che fa l’aria rimbombar.
E il meschino calunniato,
avvilito, calpestato,
sotto il pubblico flagello
per gran sorte ha crepar.
Ah! che ne dite?
BARTOLO
Eh! sara’ ver, ma intanto
si perde tempo e qui stringe il bisogno.
No: vo’ fare a mio modo:
in mia camera andiam. Voglio che insieme
i1 contratto di nozze ora stendiamo.
Quando sara’ mia moglie,
da questi zerbinotti innamorati
metterla in salvo sara’ pensier mio.
BASILIO
(Vengan denari: al resto son qua io.)
(Entrano nella prima camera a destra.)
SCENA XIII scena 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 20
(Atto I)
Figaro uscendo con precauzione, indi Rosina.
FIGARO
Ma bravi! ma benone!
Ho inteso tutto. Evviva il buon dottore!
Povero babbuino!
Tua sposa? Eh via pulisciti il bocchino.
Or che stan la’ chiusi,
procuriam di parlare alla ragazza:
eccola appunto.
ROSINA
(entrando)
Ebbene, signor Figaro.
FIGARO
Gran cose, signorina.
ROSINA
Si’, davvero?
FIGARO
Mangerem dei confetti.
ROSINA
Come sarebbe a dir?
FIGARO
Sarebbe a dire
che il vostro bel tutore ha stabilito
esser dentro doman vostro marito.
ROSINA
Eh, via!
FIGARO
Oh, ve lo giuro;
a stender il contratto
col maestro di musica
la’ dentro or s’e’ serrato.
ROSINA
Si’? oh, l’ha sbagliata affe’!
Povero sciocco! L’avra’ a far con me.
Ma dite, signor Figaro,
voi poco fa sotto le mie finestre
parlavate a un signore
FIGARO
Ah, un mio cugino,
un bravo giovinotto; buona testa,
ottimo cuor; qui venne
i suoi studi a compire
e il poverin cerca di far fortuna.
ROSINA
Fortuna? oh, la fara’.
FIGARO
Oh, ne dubito assai: in confidenza
ha un gran difetto addosso.
ROSINA
Un gran difetto
FIGARO
Ah, grande: e’ innamorato morto.
ROSINA
Si’, davvero?
Quel giovane, vedete
m’interessa moltissimo.
FIGARO
Per bacco!
ROSINA
Non mi credete?
FIGARO
Oh si’!
ROSINA
E la sua bella,
dite, abita lontano?
FIGARO
Qui! due passi.
ROSINA
Ma e’ bella?
FIGARO
Oh, bella assai!
Eccovi il suo ritratto in due parole:
grassotta, genialotta,
capello nero, guancia porporina,
occhio che parla, mano che innamora
ROSINA
E il nome?
FIGARO
Ah, il nome ancora?
Il nome Ah, che bel nome!
Si chiama
ROSINA
Ebbene, si chiama?
FIGARO
Si chiamaerreororosiRosina.
ROSINA
Dunque io son tu non m’inganni?
Dunque io son la fortunata!
(Gia’ me l’ero immaginata:
lo sapeva pria di te.)
FIGARO
Di Lindoro il vago oggetto
siete voi, bella Rosina.
(Oh, che volpe sopraffina,
ma l’avra’ da far con me.)
ROSINA
Senti, senti ma a Lindoro
per parlar come si fa?
FIGARO
Zitto, zitto, qui Lindoro
per parlarvi or or sara’.
ROSINA
Per parlarmi? Bravo! bravo!
Venga pur, ma con prudenza;
io gia’ moro d’impazienza!
Ma che tarda? ma che fa?
FIGARO
Egli attende qualche segno,
poverin, del vostro affetto;
sol due righe di biglietto
gli mandate, e qui verra’.
Che ne dite?
ROSINA
Non vorrei
FIGARO
Su, coraggio.
ROSINA
Non saprei
FIGARO
Sol due righe
ROSINA
Mi vergogno
FIGARO
Ma di che? di che? si sa!
(andando allo scrittoio)
Presto, presto; qua un biglietto.
ROSINA
(Richiamandolo, cava dalla tasca il biglietto e glielo da’.)
Un biglietto? eccolo qua.
FIGARO
(attonito)
Gia’ era scritto? Ve’, che bestia!
Il maestro faccio a lei!
Ah, che in cattedra costei
di malizia puo’ dettar.
Donne, donne, eterni Dei,
chi vi arriva a indovinar?
ROSINA
Fortunati affetti miei!
Io comincio a respirar.
Ah, tu solo, amor, tu sei
che mi devi consolar!
(Figaro parte.)
SCENA XIV scena 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 20
(Atto I)
Rosina, indi Bartolo.
ROSINA
Ora mi sento meglio. Questo Figaro
e’ un bravo giovinotto.
BARTOLO
(entrando)
Insomma, colle buone,
potrei sapere dalla mia Rosina
che venne a far colui questa mattina?
ROSINA
Figaro? Non so nulla.
BARTOLO
Ti parlo’?
ROSINA
Mi parlo’.
BARTOLO
Che ti diceva?
ROSINA
Oh! mi parlo’ di cento bagattelle
Del figurin di Francia,
del mal della sua figlia Marcellina.
BARTOLO
Davvero! Ed io scommetto
che porto’ la risposta al tuo biglietto.
ROSINA
Qual biglietto?
BARTOLO
Che serve! L’arietta dell’Inutil Precauzione
che ti cadde staman giu’ dal balcone.
Vi fate rossa? (Avessi indovinato!)
Che vuol dir questo dito
cosi’ sporco d’inchiostro?
ROSINA
Sporco? oh, nulla.
Io me l’avea scottato
e coll’inchiostro or or l’ho medicato.
BARTOLO
(Diavolo!) E questi fogli
Or son cinque eran sei.
ROSINA
Que’ fogli? e’ vero.
D’uno mi son servita
a mandar dei confetti a Marcellina.
BARTOLO
Bravissima! E la penna
perche’ fu temperata?
ROSINA
(Maledetto!) La penna!
Per disegnare un fiore sul tamburo.
BARTOLO
Un fiore?
ROSINA
Un fiore.
BARTOLO
Un fiore. Ah! fraschetta!
ROSINA
Davver.
BARTOLO
Zitta!
ROSINA
Credete.
BARTOLO
Basta cosi’.
ROSINA
Signor..
BARTOLO
Non piu’ tacete.
A un dottor della mia sorte
queste scuse, signorina!
Vi consiglio, mia carina,
un po’ meglio a imposturar.
I confetti alla ragazza!
Il ricamo sul tamburo!
Vi scottaste: eh via! eh via!
Ci vuol altro, figlia mia,
per potermi corbellar.
Perche’ manca la’ quel foglio?
Vo’ saper cotesto imbroglio.
Sono inutili le smorfie;
ferma la’, non mi toccate!
Figlia mia non lo sperate
ch’io mi iasci infinocchiar.
Via, carina, confessate;
son disposto a perdonar.
Non parlate? Vi ostinate?
So ben io quel che ho da far.
Signorina, un’altra volta
quando Bartolo andra’ fuori,
la consegna ai servitori
a suo modo far sapra’.
Ah, non servono le smorfie,
faccia pur la gatta morta.
Cospetton! per quella porta
nemmen l’aria entrar potra’.
E Rosina innocentina,
sconsolata, disperata,
in sua camera serrata
fin ch’io voglio star dovra’.
(Parte.)
SCENA XV scena 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 20
(Atto I)
Rosina, sola.
ROSINA
Brontola quanto vuoi,
chiudi porte e finestre. Io me ne rido:
gia’ di noi femmine alla piu’ marmotta
per aguzzar l’ingegno
e far la spiritosa, tutto a un tratto,
basta chiuder la chiave e il colpo e’ fatto.
(Parte.)
SCENA XVI scena 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 20
(Atto I)
Berta, poi il Conte.
BERTA
(Entrando)
Finora i questa camera
mi parve di sentir un mormorio;
sara’ stato il tutor, colla pupilla
non ha un’ora di ben Queste ragazze
non la voglion capir.
(Si batte alla porta.)
Battono.
CONTE
(di dentro)
Aprite.
BERTA
Vengo Ecci’ Ancora dura;
quel tabacco m’ha posta in sepoltura.
(Corre ad aprire.)
SCENA XVII scena 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 20
(Atto I)
Il Conte travestito da soldato di cavalleria, indi Bartolo.
CONTE
Ehi di casa! buona gente!
Ehi di casa! niun mi sente!
BARTOLO
(entrando)
Chi e’ costui? che brutta faccia!
E’ ubbriaco! chi sara’?
CONTE
Ehi, di casa! maledetti!
BARTOLO
Cosa vuol, signor soldato?
CONTE
Ah! si’, si’, bene obbligato.
(Vedendolo, cerca in tasca.)
BARTOLO
(Qui costui che mai vorra’?)
CONTE
Siete voi Aspetta un poco
Siete voi dottor Balordo?
BARTOLO
Che balordo?
CONTE
(leggendo)
Ah, ah, Bertoldo?
BARTOLO
Che Bertoldo? Eh, andate al diavolo!
Dottor Bartolo.
CONTE
Ah, bravissimo;
dottor barbaro; benissimo
gia’ v’e’ poca differenza.
(Non si vede! che impazienza!
Quanto tarda! dove sta?)
BARTOLO
(Io gia’ perdo la pazienza,
qui prudenza ci vorra’.)
CONTE
Dunque voi siete dottore?
BARTOLO
Son dottore si’, signore.
CONTE
Ah, benissimo; un abbraccio,
qua, collega.
BARTOLO
Indietro!
CONTE
(Lo abbraccia per forza.)
Qua.
Sono anch’io dottor per cento,
maniscalco al reggimento.
(presentando il biglietto)
Dell’alloggio sul biglietto
osservate, eccolo qua.
BARTOLO
Dalla rabbia e dal dispetto
io gia’ crepo in verita’.
Ah, ch’io fo, se mi ci metto,
qualche gran bestialita’!
(Legge il biglietto.)
CONTE
(Ah, venisse il caro oggetto
della mia felicita’!
Vieni, vieni; il tuo diletto
pien d’amor t’attendo qua.)
SCENA XVIII scena 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 20
(Atto I)
Rosina e detti.
ROSINA
D’ascoltar qua m’e’ sembrato
un insolito rumore
(Si arresta vedendo Bartolo.)
Un soldato ed il tutore!
Cosa mai faranno qua?
(Si avanza pian piano.)
CONTE
(E’ Rosina; or son contento.)
ROSINA
(Ei mi guarda, e s’avvicina.)
CONTE
(piano a Rosina)
(Son Lindoro.)
ROSINA
(Oh ciel! che sento!
Ah, giudizio, per pieta’!)
BARTOLO
(vedendo Rosina)
Signorina, che cercate?
Presto, presto, andate via.
ROSINA
Vado, vado, non gridate.
BARTOLO
Presto, presto, via di qua
CONTE
Ehi, ragazza, vengo anch’io.
BARTOLO
Dove, dove, signor mio?
CONTE
In caserma, oh, questa e’ bella!
BARTOLO
In caserma?.. . bagattella!
CONTE
Cara!
ROSINA
Aiuto!
BARTOLO
Ola’, cospetto!
CONTE
(a Bartolo, incamminandosi verso le camere)
Dunque vado
BARTOLO
(trattenendolo)
Oh, no, signore,
qui d’alloggio non puo’ star.
CONTE
Come? Come?
BARTOLO
Eh, non v’e’ replica:
ho il brevetto d’esenzione.
CONTE (adirato)
Il brevetto?
BARTOLO
Mio padrone,
un momento e il mostrero’.
(Va allo scrittoio.)
CONTE
(a Rosina)
(Ah, se qui restar non posso,
deh, prendete)
ROSINA
(Ohime’, ci guarda!)
CONTE E ROSINA
(Cento smanie io sento addosso.
Ah, piu’ reggere non so.)
BARTOLO
(cercando nello scrittoio)
(Ah, trovarlo ancor non posso;
ma si’, si’, lo trovero’.)
(venendo avanti con una pergamena)
Ecco qui.
(Legge.)
“Con la presente il Dottor Bartolo, etcetera. Esentiamo”
CONTE
(Con un rovescio di mano manda in aria la pergamena)
Eh, andate al diavolo!
Non mi state piu’ a’ seccar.
BARTOLO
Cosa fa, signor mio caro?
CONTE
Zitto la’, Dottor somaro.
Il mio alloggio e’ qui fissato
e in alloggio qui vo’ star.
BARTOLO
Vuol restar?
CONTE
Restar, sicuro.
BARTOLO
(prendendo un bastone)
Oh, son stufo, mio padrone;
presto fuori, o un buon bastone
lo fara’ di qua sloggiar.
CONTE
(serio)
Dunque lei lei vuol battaglia?
Ben! Battaglia le vo’ dar.
Bella cosa e’ una battaglia!
Ve la voglio qui mostrar.
(avvicinandosi amichevolmente a Bartolo)
Osservate! questo e’ il fosso
L’inimico voi sarete
(Gli da’ una spinta.)
Attenzion (giu’ il fazzoletto.)
(piano a Rosina alla quale si avvicina porgendole la lettera)
E gli amici stan di qua.
Attenzione!
(Coglie il momento in cui Bartolo l’osserva meno attentamente.
Lascia cadere il biglietto e Rosina vi fa cadere sopra il fazzoletto.)
BARTOLO
Ferma, ferma!
CONTE
(rivolgendosi e fingendo accorgersi della lettera che raccoglie)
Che cos’e’? ah!
BARTOLO
(avvedendosene)
Vo’vedere.
CONTE
Si’, se fosse nna ricetta!
Ma un biglietto e’ mio dovere
Mi dovete perdonar.
(Fa una riverenza a Rosina e le da’ il biglietto e il fazzoletto.)
ROSINA
Grazie, grazie!
BARTOLO
Grazie un corno!
Qua quel foglio; impertinente!
(a Rosina)
A chi dico? Presto qua.
ROSINA
Ma quel foglio che chiedete
per azzardo m’e’ cascato;
e’ la lista del bucato.
(Entrano da una parte Basilio con carte in mano, dall’altra Berta.)
BARTOLO
Ah, fraschetta! Presto qua.
(Le strappa il foglio con violenza.)
Ah, che vedo! ho preso abbaglio!
E’ la lista, son di stucco!
Ah, son proprio un mammalucco!
Ah, che gran bestialita’!
ROSINA E CONTE
(Bravo, bravo il mammalucco
che nel sacco entrato e’ gia’.)
BERTA
(Non capisco, son di stucco;
qualche imbroglio qui ci sta.)
ROSINA
(piangendo)
Ecco qua! sempre un’istoria;
sempre oppressa e maltrattata;
ah, che vita disperata!
Non la so piu’ sopportar.
BARTOLO
(avvicinandosile)
Ah, Rosina poverina
CONTE
(minacciando e afferrandolo per un braccio)
Via qua tu, cosa le hai fatto?
BARTOLO
Ah, fermate niente affatto
CONTE
(cavando la sciabola)
Ah, canaglia, traditore!
TUTTI
(trattenendolo)
Via, fermatevi, signore.
CONTE
Io ti voglio subissar!
TUTTI
(eccetto il CONTE e ROSINA)
Gente! Aiuto, soccorrete(mi/lo)
ROSINA
Ma chetatevi
CONTE
Lasciatemi!
TUTTI
(come sopra)
Gente! aiuto, per pieta’!
SCENA XIX scena 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 20
(Atto I)
Figaro entrando col bacile sotto il braccio, e detti.
FIGARO
Alto la’!
Che cosa accadde
signori miei?
Che chiasso e’ questo?
Eterni Dei!
Gia’ sulla piazza
a questo strepito
s’e’ radunata
mezza citta’.
(piano al Conte)
(Signor, giudizio, per carita’.)
BARTOLO
(additando il Conte)
Quest’e’ un birbante
CONTE
(additando Bartolo)
Quest’e’ un briccone
BARTOLO
Ah, disgraziato!
CONTE
(minacciando colla sciabola)
Ah, maledetto!
FIGARO
(alzando il bacile e minacciando il Conte)
Signor soldato
porti rispetto,
o questo fusto,
corpo del diavolo,
or la creanza
le insegnera’.
(Signore, giudizio,
per carita’.)
CONTE
(a Bartolo)
Brutto scimmiotto!
BARTOLO
(al Conte)
Birbo malnato!
TUTTI
(a Bartolo)
Zitto, dottore
BARTOLO
Voglio gridare
TUTTI (al Conte)
Fermo, signore
CONTE
Voglio ammazzare
TUTTI
Fate silenzio,
per carita’.
CONTE
No, voglio ucciderlo, non v’e’ pieta’.
(Si ode bussare con violenza alla porta di strada.)
TUTTI
Zitti, che battono
Chi mai sara’?
BARTOLO
Chi e’?
UFFICIALE
Ola’!
CORO
(di dentro)
La forza,
aprite qua.
TUTTI
La forza! Oh diavolo!
FIGARO E BASILIO
L’avete fatta!
CONTE E BARTOLO
Niente paura.
Venga pur qua.
TUTTI
Quest’avventura,
ah, come diavolo
mai finira’?
SCENA XX scena 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 20
(Atto I)
Un ufficiale con soldati, e detti.
CORO
Fermi tutti. Niun si mova.
Miei signori, che si fa?
Questo chiasso d’onde e’ nato?
La cagione presto qua.
BARTOLO
Questa bestia di soldato,
mio signor, m’ha maltrattato.
FIGARO
Io qua venni, mio signore,
questo chiasso ad acquetare.
BERTA E BASILIO
Fa un inferno di rumore,
parla sempre d’ammazzare.
CONTE
In alloggio quel briccone
non mi volle qui accettare.
ROSINA
Perdonate, poverino,
tutto effetto fu del vino.
UFFICIALE
Ho inteso.
(al Conte)
Galantuom, siete in arresto.
Fuori presto,
via di qua.
(I soldati si muovono per circondare il Conte.)
CONTE
Io in arresto?
Fermi, ola’.
(Con gesto autorevole trattiene i Soldati che si arrestano.
Egli chiama a se’ l’Ufficiale, gli da’ a leggere un foglio:
l’Ufficiale resta sorpreso, vuol fargli un inchino,
e il Conte lo trattiene.
L’Ufficiale fa cenno ai soldati che si ritirano indietro,
e anch’egIi fa lo stesso. Quadro di stupore.)
BARTOLO, ROSINA, BASILIO E BERTA
Fredd o/a ed immobile
come una statua
fiato non restami
da respirar.
CONTE
Freddo ed immobile
come una statua,
fiato non restagli
da respirar.
FIGARO
(ridendo)
Guarda Don Bartolo!
Sembra una statua!
Ah ah! dal ridere
sto per crepar!
BARTOLO
(all’Ufficiale)
Ma, signor…
CORO
Zitto tu!
BARTOLO
Ma un dottor…
CORO
Oh, non piu’!
BARTOLO
Ma se lei…
CORO
Non parlar!
BARTOLO
Ma vorrei…
CORO
Non gridar.
A TRE
Ma se noi…
CORO
Zitti voi.
A TRE
Ma se poi…
CORO
Pensiam noi.
Vada ognun pe’ fatti suoi,
si finisca d’altercar.
BARTOLO
Ma sentite…
A TRE
Zitto su!
Zitto giu’!
BARTOLO
Ma ascoltate..
A TRE
Zitto qua!
Zitto la’!
TUTTI
Mi par d’esser con la testa
in un’orrida fucina,
dove cresce e mai non resta
delle incudini sonore
l’importuno strepitar.
Alternando questo e quello
pesantissimo martello
fa con barbara armonia
muri e volte rimbombar.
E il cervello, poverello,
gia’ stordito, sbalordito,
non ragiona, si confonde,
si riduce ad impazzar.
Atto II
SCENA I scena 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13 (Atto II)
Camera ad uso di studio in casa di Bartolo con sedia
ed un pianoforte con varie carte di musica.
Bartolo, solo.
BARTOLO
Ma vedi il mio destino! Quel soldato,
per quanto abbia cercato,
niun lo conosce in tutto il reggimento.
Io dubito eh, cospetto!
Che dubitar? Scommetto
che dal conte Almaviva
e’ stato qui spedito quel signore
ad esplorar della Rosina il core.
Nemmen in casa propria
sicuri si puo’ star! Ma io
(Battono.)
Chi batte?
Ehi, chi e’ di la’ Battono, non sentite!
In casa io son; non v’e’ timore, aprite.
SCENA II scena 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13 (Atto II)
Il Conte, vestito da maestro di musica, e detto.
CONTE
Pace e gioia sia con voi.
BARTOLO
Mille grazie, non s’incomodi.
CONTE
Gioia e pace per mill’anni.
BARTOLO
Obbligato in verita’.
(Questo volto non m’e’ ignoto,
non ravviso non ricordo
ma quel volto ma quell’abito
non capisco chi sara’?)
CONTE
(Ah, se un colpo e’ andato a vuoto
a gabbar questo balordo,
un novel travestimento
piu’ propizio a me sara’.)
Gioia e pace, pace e gioia!
BARTOLO
Ho capito. (Oh! ciel! che noia!)
CONTE
Gioia e pace, ben di core.
BARTOLO
Basta, basta. per pieta’,
(Ma che perfido destino!
Ma che barbara giornata!
Tutti quanti a me davanti!
Che crudel fatalita’!)
CONTE
(Il vecchion non mi conosce:
oh, mia sorte fortunata!
Ah, mio ben! Fra pochi istanti
parlerem con liberta’.)
BARTOLO
Insomma, mio signore,
chi e’ lei si puo’ sapere?
CONTE
Don Alonso,
professore di musica ed allievo
di Don Basilio.
BARTOLO
Ebbene?
CONTE
Don Basilio sta male, il poverino, ed in sua vece…
BARTOLO
(in atto di partire)
Sta mal? Corro a vederlo
CONTE
(trattenendolo)
Piano, piano.
Non e’ mal cosi’ grave.
BARTOLO
(Di costui non mi fido.) Andiam, andiamo.
(risoluto)
CONTE
Ma signore…
BARTOLO
(brusco)
Che c’e’?
CONTE
(tirandolo a parte)
Voleva dirvi
BARTOLO
Parlate forte.
CONTE (sottovoce)
Ma…
BARTOLO
(sdegnato)
Forte, vi dico.
CONTE
(sdegnato anch’esso e alzando la voce)
Ebben, come volete,
ma chi sia Don Alonso apprenderete.
(in atto di partire)
Vo dal conte di Almaviva
BARTOLO
(trattenendolo con dolcezza)
Piano, piano.
Dite, dite, v’ascolto.
CONTE
(a voce alta e sdegnato)
Il Conte…
BARTOLO
Piano,
per carita’.
CONTE
(calmandosi)
Stamane
nella stessa locanda
era meco d’alloggio, ed in mie mani
per caso capito’ questo biglietto
(mostrando un biglietto)
dalla vostra pupilla a lui diretto.
BARTOLO
(prendendo il biglietto e guardandolo)
Che vedo! e’ sua scrittura!
CONTE
Don Basilio
nulla sa di quel foglio: ed io, per lui
venendo a dar lezione alla ragazza,
volea farmene un merito con voi
perche’ con quel biglietto
(mendicando un ripiego con qualche imbarazzo)
si potrebbe…
BARTOLO
Che cosa?
CONTE
Vi diro’
s’io potessi parlare alla ragazza,
io creder verbigrazia le farei
che me lo die’ del conte un’altra amante,
prova significante
che il conte di Rosina si fa gioco.
E percio’
BARTOLO
Piano un poco.
Una calunnia! Oh bravo!
Degno e vero scolar di Don Basilio!
(lo abbraccia, e mette in tasca il biglietto)
Io sapro’ come merita
ricompensar si’ bel suggerimento.
Vo a chiamar la ragazza;
poiche’ tanto per me v’interessate,
mi raccomando a voi.
CONTE
Non dubitate.
(Bartolo entra nella camera di Rosina)
L’affare del biglietto
dalla bocca m’e’ uscito non volendo.
Ma come far? Senza d’un tal ripiego
mi toccava andar via come un baggiano.
Il mio disegno a lei
ora palesero’; s’ella acconsente,
io son felice appieno.
Eccola. Ah, il cor sento balzarmi in seno.
SCENA III scena 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13 (Atto II)
Bartolo conducendo Rosina, e detto.
BARTOLO
Venite, signorina. Don Alonso,
che qui vedete, or vi dara’ lezione.
ROSINA
(vedendo il Conte)
Ah!
BARTOLO
Cos’e’ stato?
ROSINA
E’ un granchio al piede.
CONTE
Oh nulla:
sedete a me vicin, bella fanciulla.
Se non vi spiace, un poco di lezione,
di Don Basilio invece, vi daro’.
ROSINA
Oh, con mio gran piacer la prendero’.
CONTE
Che volete cantare?
ROSINA
Io canto, se le aggrada,
il rondo’ dell’Inutil Precauzione.
BARTOLO
E sempre, sempre in bocca
l’Inutil Precauzione!
ROSINA
Io ve l’ho detto:
e’ il titolo dell’opera novella.
BARTOLO
Or bene, intesi; andiamo.
ROSINA
Eccolo qua.
CONTE
Da brava, incominciamo.
(il Conte siede al pianoforte e Rosina canta accompagnata dal Conte;
Bartolo siede ed ascolta.)
ROSINA
Contro un cor
che accende amore
di verace, invitto ardore,
s’arma invan poter tiranno
di rigor, di crudelta’.
D’ogni assalto vincitore
sempre amor trionfera’.
Ah Lindoro, mio tesoro,
se sapessi, se vedessi!
Questo cane di tutore,
ah, che rabbia che mi fa!
Caro, a te mi raccomando,
tu mi salva, per pieta’.
CONTE
Non temer, ti rassicura;
sorte amica a noi sara’.
ROSINA
Dunque spero?
CONTE
A me t’affida.
ROSINA
E il mio cor?
CONTE
Giubilera’.
ROSINA
Cara immagine ridente,
dolce idea d’un lieto amore,
tu m’accendi in petto il core,
tu mi porti a delirar.
CONTE
Bella voce! Bravissima!
ROSINA
Oh! mille grazie!
BARTOLO
Certo, bella voce,
ma quest’aria, cospetto! e’ assai noiosa;
la musica a’ miei tempi era altra cosa.
Ah! quando, per esempio,
cantava Caffariello
quell’aria portentosa la, ra, la
sentite, Don Alonso: eccola qua.
Quando mi sei vicina,
amabile Rosina
l’aria dicea Giannina,
ma io dico Rosina
(Entra Figaro col bacile sotto il braccio, e si pone dietro Bartolo
imitando il canto con caricatura.)
Il cor mi brilla in petto,
mi balla il minuetto
SCENA IV scena 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13 (Atto II)
Figaro e detti.
BARTOLO
(avvedendosi di Figaro)
Bravo, signor barbiere,
ma bravo!
FIGARO
Eh, niente affatto:
scusi, son debolezze.
BARTOLO
Ebben, qui dunque
che vieni a fare?
FIGARO
Oh bella!
Vengo a farvi la barba: oggi vi tocca.
BARTOLO
Oggi non voglio.
FIGARO
Oggi non vuol? Domani
non potro’ io.
BARTOLO
Perche’?
FIGARO
Perche’ ho da fare
a tutti gli Ufficiali
del nuovo reggimento barba e testa
alla marchesa Andronica
il biondo parrucchin coi marone’
al contino Bombe’
il ciuffo a campanile
purgante all’avvocato Bernardone
che ieri s’ammalo’ d’indigestione
e poi e poi che serve?
(riponendosi in tasca il libro)
Doman non posso.
BARTOLO
Orsu’, meno parole.
Oggi non vo’ far barba.
FIGARO
No? Cospetto!
Guardate che avventori!
Vengo stamane: in casa v’e’ l’inferno
ritorno dopo pranzo: oggi non voglio
(contraffacendolo)
Ma che? M’avete preso
per un qualche barbier da contadini?
Chiamate pur un altro, io me ne vado.
(Riprende il bacile in atto di partire.)
BARTOLO
(Che serve? a modo suo;
vedi che fantasia!)
Va in camera a pigliar la biancheria.
(Si cava dalla cintola un mazzo di chiavi per darle a Figaro, indi le ritira.)
No, vado io stesso.
(Entra.)
FIGARO
(Ah, se mi dava in mano
il mazzo delle chiavi, ero a cavallo.)
(a Rosina)
Dite: non e’ fra quelle
la chiave che apre quella gelosia?
ROSINA
Si’, certo; e’ la piu’ nuova.
BARTOLO
(rientrando)
(Ah, son pur buono
a lasciar qua quel diavolo di barbiere!)
Animo, va tu stesso.
(dando le chiavi a Figaro)
Passato il corridor, sopra l’armadio
il tutto troverai.
Bada, non toccar nulla
FIGARO
Eh, non son matto.
(Allegri!) Vado e torno. (Il colpo e’ fatto.)
(Entra.)
BARTOLO
(al conte)
E’ quel briccon, che al Conte
ha portato il biglietto di Rosina.
CONTE
Mi sembra un imbroglion di prima sfera.
BARTOLO
Eh, a me non me la ficca
(Si sente di dentro un gran rumore come di vasellame che si spezza.)
Ah, disgraziato me!
ROSINA
Ah, che rumore!
BARTOLO
Oh, che briccon! Me lo diceva il core.
(Entra.)
CONTE
(a Rosina)
Quel Figaro e’ un grand’uomo; or che siam soli,
ditemi, o cara: il vostro al mio destino
d’unir siete contenta?
Franchezza!
ROSINA
(con entusiasmo)
Ah, mio Lindoro,
altro io non bramo
(Si ricompone vedendo rientrar Bartolo e Figaro.)
CONTE
Ebben?
BARTOLO
Tutto mi ha rotto;
sei piatti, otto bicchieri, una terrina.
FIGARO
(mostrando di soppiatto al Conte la chiave della gelosia
che avra’ rubata dal mazzo)
Vedete che gran cosa! Ad una chiave
se io non mi attaccava per fortuna,
per quel maledettissimo
corridor cosi’ oscuro,
spezzato mi sarei la testa al muro.
Tiene ogni stanza al buio, e poi e poi…
BARTOLO
Oh, non piu’.
FIGARO
Dunque andiam.
(al Conte e Rosina)
(Giudizio.)
BARTOLO
A noi.
(Si dispone per sedere e farsi radere. In quella entra Basilio.)
SCENA V scena 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13 (Atto II)
Don Basilio e detti.
ROSINA
Don Basilio!
CONTE
(Cosa veggo!)
FIGARO
(Quale intoppo!)
BARTOLO
Come qua?
BASILIO
Servitor di tutti quanti.
BARTOLO
(Che vuol dir tal novita’?)
CONTE E FIGARO
(Qui franchezza ci vorra’.)
ROSINA
(Ah, di noi che mai sara’?)
BARTOLO
Don Basilio, come state?
BASILIO
(stupito)
Come sto?
FIGARO
(interrompendo)
Or che s’aspetta?
Questa barba benedetta
la facciamo si’ o no?
BARTOLO
(a Figaro)
Ora vengo!
(a Basilio)
E il Curiale?
BASILIO
(stupito)
Il Curiale?
CONTE
(interrompendo, a Basilio)
Io gli ho narrato
che gia’ tutto e’ combinato.
Non e’ ver?
BARTOLO
Si’, tutto io so.
BASILIO
Ma, Don Bartolo, spiegatevi..
CONTE
(a Bartolo)
Ehi, Dottore, una parola.
(a Basilio)
Don Basilio, son da voi.
(a Bartolo)
Ascoltate un poco qua.
(Fate un po’ ch’ei vada via,
ch’ei ci scopra ho gran timore:
della lettera, signore,
ei l’affare ancor non sa.)
BARTOLO
(Dite bene, mio signore;
or lo mando via di qua.)
ROSINA
(Io mi sento il cor tremar!)
FIGARO
(Non vi state a disperar.)
BASILIO
(Ah, qui certo v’e’ un pasticcio;
non l’arrivo a indovinar.)
CONTE
(a Basilio)
Colla febbre, Don Basilio,
che v’insegna a passeggiar?
(Figaro ascoltando con attenzione si prepara a secondare il Conte)
BASILIO
(stupito)
Colla febbre?
CONTE
E che vi pare?
Siete giallo come un morto.
BASILIO
Come un morto?
FIGARO
(tastando il polso a Basilio)
Bagattella!
Cospetton! Che tremarella!
Questa e’ febbre scarlattina!
CONTE
(Da’ a Basilio una borsa di soppiatto.)
Via, prendete medicina,
non vi state a rovinar.
FIGARO
Presto, presto, andate a letto
CONTE
Voi paura inver mi fate
ROSINA
Dice bene, andate, andate
TUTTI
Presto, andate a riposar.
BASILIO
(Una borsa! Andate a letto!
Ma che tutti sian d’accordo!)
TUTTI
Presto a letto.
BASILIO
Eh, non son sordo.
Non mi faccio piu’ pregar.
FIGARO
Che color!
CONTE
Che brutta cera!
BASILIO
Brutta cera!
CONTE, FIGARO E BARTOLO
Oh, brutta assai!
BASILIO
Dunque vado
TUTTI
Vada, vada!
Buona sera, mio signore,
presto, andate via di qua.
(Maledetto seccatore!)
Pace, sonno e sanita’.
BASILIO
Buona sera ben di core
poi diman si parlera’.
Non gridate, ho inteso gia’.
(Parte.)
SCENA VI scena 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13 (Atto II)
Rosina, Conte, Figaro e Bartolo.
FIGARO
Orsu’, signor Don Bartolo
BARTOLO
Son qua.
(Bartolo siede, Figaro gli cinge al collo un asciugatoio
disponendosi a fargli la barba;
durante l’operuzione Figaro va coprendo i due amanti.)
Stringi, bravissimo.
CONTE
Rosina, deh, ascoltatemi.
ROSINA
Vi ascolto; eccomi qua.
(Siedono fingendo studiar musica)
CONTE
(a Rosina, con cautela)
A mezzanotte in punto
a prendervi qui siamo:
or che la chiave abbiamo
non v’e’ da dubitar.
FIGARO
(distraendo Bartolo)
Ahi! ahi!
BARTOLO
Che cos’e’ stato?
FIGARO
Un non so che nell’occhio!
Guardate non toccate
soffiate per pieta’
ROSINA
A mezzanotte in punto,
anima mia, t’aspetto.
Io gia’ l’istante affretto
che a te mi stringera’.
CONTE
Ora avvertir vi voglio,
(Bartolo si alza e si avvicina agli amanti.)
cara, che il vostro foglio,
perche’ non fosse inutile
il mio travestimento
BARTOLO
(scattando)
Il suo travestimento?
Ah, ah! brava, bravissimo!
Ma bravi in verita’!
Bricconi, birbanti!
Ah, voi tutti quanti
avete giurato
di farmi crepar!
Su, fuori, furfanti,
vi voglio accoppar.
Di rabbia, di sdegno
mi sento crepar.
ROSINA, CONTE E FIGARO
L’amico delira,
la testa gli gira.
Ma zitto, Dottore,
vi fate burlar.
Tacete, tacete,
non serve gridar.
Intesi gia’ siamo,
non vo’ replicar.)
(Partono, meno Bartolo.)
SCENA VII scena 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13 (Atto II)
Bartolo solo, poi Ambrogio, indi Berta.
BARTOLO
Ah! disgraziato me! ma come! ed io
no mi accorsi di nulla! Ah! Don Basilio
sa certo qualcosa. Ehi! chi e’ di la’?
Chi e’ di la’?
(Comparisce Ambrogio.)
Senti, Ambrogio:
corri da Don Basilio qui rimpetto,
digli ch’io qua l’aspetto,
che venga immantinente
che ho gran cose da dirgli e ch’io non vado
perche’ perche’ perche’ ho di gran ragioni.
Va’ subito.
(Ambrogio parte ed entra Berta.)
(a Berta)
Di guardia
tu piantati alla porta, e poi no, no
non me ne fido. Io stesso ci staro’.
(Parte.)
SCENA VIII scena 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13 (Atto II)
Berta, sola.
BERTA
Che vecchio sospettoso! Vada pure
e ci stia finche’ crepi
Sempre gridi e tumulti in questa casa;
si litiga, si piange, si minaccia
Non v’e’ un’ora di pace
con questo vecchio avaro, brontolone!
Oh, che casa! Oh, che casa in confusione!
Il vecchiotto cerca moglie,
vuol marito la ragazza;
quello freme, questa e’ pazza.
Tutti e due son da legar.
Ma che cosa e’ questo amore
che fa tutti delirar?
Egli e’ un male universale,
una smania, un pizzicore
un solletico, un tormento
Poverina, anch’io lo sento,
ne’ so come finira’.
Oh! vecchiaia maledetta
Sei da tutti disprezzata
E vecchietta disperata
mi convien cosi’ crepar.
(Parte.)
SCENA IX scena 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13 (Atto II)
Camera con griglia come nel primo atto.
Bartolo e Don Basilio.
BARTOLO
(introducendo Don Basilio)
Dunque voi Don Alonso
non conoscete affatto?
BASILIO
Affatto.
BARTOLO
Ah, certo
il Conte lo mando’.
Qualche gran tradimento
qui si prepara.
BASILIO
Io poi
dico che quell’amico
era il Conte in persona.
BARTOLO
Il Conte?
BASILIO
Il Conte.
(La borsa parla chiaro.)
BARTOLO
Sia chi si vuole amico, dal notaro
vo’ in questo punto andare; in questa sera
stipular di mie nozze io vo’ il contratto.
BASILIO
Il notar? siete matto?
Piove a torrenti, e poi
questa sera il notaro
e’ impegnato con Figaro; il barbiere
marita sua nipote.
BARTOLO
Una nipote?
Che nipote! Il barbiere
non ha nipoti. Ah, qui v’e’ qualche imbroglio.
Questa notte i bricconi
me la voglion far; presto, il notaro
qua venga sull’istante.
(Gli da’ una chiave.)
Ecco la chiave del portone: andate,
presto, per carita’.
BASILIO
Non temete; in due salti io torno qua.
(Parte.)
SCENA X scena 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13 (Atto II)
Bartolo, indi Rosina.
BARTOLO
Per forza o per amore
Rosina avra’ da cedere. Cospetto!
Mi viene un’altra idea. Questo biglietto
(Cava dalla tasca il biglietto datogli dal Conte.)
che scrisse la ragazza ad Almaviva
potria servir che colpo da maestro!
Don Alonso, il briccone,
senza volerlo mi die’ l’armi in mano.
Ehi, Rosina, Rosina, avanti, avanti;
(Rosina dalle sue camere entra senza parlare.)
del vostro amante io vi vo’ dar novella.
Povera sciagurata! In verita’
collocaste assai bene il vostro affetto!
Del vostro amor sappiate
ch’ei si fa gioco in sen d’un’altra amante.
Ecco la prova.
(Le da’ il biglietto.)
ROSINA
(con doloroso stupore)
(Oh cielo! il mio biglietto!)
BARTOLO
Don Alonso e il barbiere congiuran
contro voi; non vi fidate.
Nelle braccia del Conte d’Almaviva
vi vogliono condurre.
ROSINA
(In braccio a un altro!
Che mai sento ah, Lindoro! ah, traditore!
Ah si’! vendetta e vegga,
vegga quell’empio chi e’ Rosina.) Dite
signore, di sposarmi
voi bramavate
BARTOLO
E il voglio.
ROSINA
Ebben, si faccia!
Io son contenta! ma all’istante. Udite:
a mezzanotte qui sara’ l’indegno
con Figaro il barbier; con lui fuggire
per sposarlo io voleva
BARTOLO
Ah, scellerati!
Corro a sbarrar la porta.
ROSINA
Ah, mio signore!
Entran per la finestra. Hanno la chiave.
BARTOLO
Non mi muovo di qui.
Ma e se fossero armati? Figlia mia,
poiche’ tu sei si’ bene illuminata
facciam cosi’. Chiuditi a chiave in camera,
io vo a chiamar la forza;
diro’ che son due ladri, e come tali,
corpo di Bacco! l’avrem da vedere!
Figlia, chiuditi presto; io vado via.
(Parte.)
ROSINA
Quanto, quanto e’ crudel la sorte mia!
(Parte.)
Scoppia un temporale.
Dalla finestra di prospetto si vedono freguenti lampi,
e si sente il rumore del tuono.
Sulla fine del temporale si vede dal di fuori aprirsi la gelosia,
ed entrano uno dopo l’altro Figaro ed il Conte avvolti in mantelli
e bagnati dalla pioggia.
Figaro avra’ in mano una lanterna accesa.
SCENA XI scena 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13 (Atto II)
Il Conte e Figaro, indi Rosina.
FIGARO
Alfin, eccoci qua.
CONTE
Figaro, dammi man. Poter del mondo!
Che tempo indiavolato!
FIGARO
Tempo da innamorati.
CONTE
Ehi, fammi lume.
(Figaro accende i lumi.)
Dove sara’ Rosina?
FIGARO
(spiando)
Ora vedremo Eccola appunto.
CONTE
(con trasporto)
Ah, mio tesoro!
ROSINA
(respingendolo)
Indietro,
anima scellerata; io qui di mia
stolta credulita’ venni soltanto
a riparar lo scorno, a dimostrarti
qual sono, e quale amante
perdesti, anima indegna e sconoscente.
CONTE
(sorpreso)
Io son di sasso.
FIGARO
(sorpreso)
lo non capisco niente.
CONTE
Ma per pieta’
ROSINA
Taci. Fingesti amore
per vendermi alle voglie
di quel tuo vil Conte Almaviva
CONTE
(con gioia)
Al Conte?
Ah, sei delusa! oh me felice adunque
tu di verace amore
ami Lindor rispondi
ROSINA
Ah, si’! t’amai purtroppo!
CONTE
Ah, non e’ tempo
di piu’ celarsi, anima mia; ravvisa
(S’inginocchia gettando il mantello che viene raccolto da Figaro.)
colui che si’ gran tempo
segui’ tue tracce, che per te sospira,
che sua ti vuole; mira, o mio tesoro,
Almaviva son io, non son Lindoro.
ROSINA
(stupefatta, con gioia)
(Ah! qual colpo inaspettato!
Egli stesso? o Ciel, che sento!
Di sorpresa e di contento
son vicina a delirar.)
FIGARO
(Son rimasti senza fiato:
ora muoion di contento.
Guarda, guarda il mio talento
che bel colpo seppe far!)
CONTE
(Qual trionfo inaspettato!
Me felice! oh bel momento!
Ah! d’amore e di contento
son vicino a delirar.)
ROSINA
Mio signor! ma voi ma io…
CONTE
Ah, non piu’, non piu’, ben mio.
Il bel nome di mia sposa,
idol mio, t’attende gia’.
ROSINA
Il bel nome di tua sposa
oh, qual gioia al cor mi da’!
CONTE
Sei contenta!
ROSINA
Ah! mio signore!
ROSINA E CONTE
Dolce nodo avventurato
che fai paghi i miei desiri!
Alla fin de’ miei martiri
tu sentisti, amor, pieta’.
FIGARO
Presto andiamo, vi sbrigate;
via, lasciate quei sospiri.
Se si tarda, i miei raggiri
fanno fiasco in verita’.
(guardando fuori del balcone)
Ah! cospetto! che ho veduto!
Alla porta una lanterna
due persone! che si fa?
CONTE
Hai veduto due persone?
FIGARO
Si’, signore.
ROSINA, CONTE E FIGARO
Che si fa?
Zitti, zitti, piano, piano,
non facciamo confusione;
per la scala del balcone
presto andiamo via di qua.
FIGARO
(con angoscia)
Ah, disgraziati noi! come si fa?
CONTE
Che avvenne mai?
FIGARO
La scala
CONTE
Ebben?
FIGARO
La scala non v’e’ piu’.
CONTE
(sorpreso)
Che dici?
FIGARO
Chi mai l’avra’ levata?
CONTE
Quale inciampo crudel!
ROSINA
(con dolore)
Me sventurata!
FIGARO
Zitti zitti sento gente. Ora ci siamo.
Signor mio, che si fa?
CONTE
Mia Rosin, coraggio.
(Si avvolge nel mantello.)
FIGARO
Eccoli qua.
(Si ritirano verso una delle quinte.)
SCENA XII scena 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13 (Atto II)
Don Basilio con lanterna in mano, introducendo un Notaro con carte.
BASILIO
(chiamando alla quinta opposta)
Don Bartolo! Don Bartolo!
FIGARO
(accennando al Conte)
Don Basilio.
CONTE
E quell’altro?
FIGARO
Ve’, ve’, il nostro notaro. Allegramente.
Lasciate fare a me. Signor Notaro:
(Basilio e il Notaro si rivolgono e restano sorpresi.
Il Notaro si avvicina a Figaro.)
dovevate in mia casa
stipular questa sera
il contratto di nozze
fra il conte d’Almaviva e mia nipote.
Gli sposi, eccoli qua. Avete indosso
la scrittura?
(I1 notaro cava la scrittura.)
Benissimo.
BASILIO
Ma piano.
Don Bartolo dov’e’?
CONTE
(chiamando a parte Basilio, cavandosi un anello dal dito,
e additandogli di tacere)
Ehi, Don Basilio,
quest’anello e’ per voi
BASILIO
Ma io…
CONTE
(cavando una pistola)
Per voi
vi son ancor due palle nel cervello
se v’opponete.
BASILIO
(Prende l’anello.)
Oibo’, prendo l’anello.
Chi firma?
CONTE E ROSINA
Eccoci qua.
(sottoscrivono)
CONTE
Son testimoni
Figaro e Don Basilio. Essa e’ mia sposa.
FIGARO E BASILIO
Evviva!
CONTE
Oh, mio contento!
ROSINA
Oh, sospirata mia felicita’!
FIGARO
Evviva!
(Nell’atto che il Conte bacia la mano a a Rosina,
Figaro abbraccia goffamente Basilio,
ed entrano Don Bartolo e un Uffiziale con Soldati.)
SCENA XIII scena 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13 (Atto II)
Bartolo, Un Uffiziale con Soldati, e detti.
BARTOLO
(additanto Figaro ed il Conte all’Alcade ed ai soldati,
e slanciandosi contro Figaro)
Fermi tutti. Eccoli qua.
UFFIZIALE
Colle buone, signor.
BARTOLO
Signor, son ladri.
Arrestate, arrestate.
UFFIZIALE
Mio signore,
il suo nome?
CONTE
Il mio nome e’ quel d’un uom d’onor.
Lo sposo io sono di questa…
BARTOLO
Eh, andate al diavolo! Rosina
esser deve mia sposa: non e’ vero?
ROSINA
Io sua sposa? Oh, nemmeno per pensiero.
BARTOLO
Come? Come, fraschetta?
(additando il Conte)
Arrestate, vi dico e’ un ladro.
FIGARO
Or or l’accoppo.
BARTOLO
E’ un furfante, e’ un briccon.
UFFIZIALE
(al Conte)
Signore
CONTE
Indietro!
UFFIZIALE
(con impazienza)
Il nome?
CONTE
Indietro, dico, indietro
UFFIZIALE
Ehi, mio signor! basso quel tono.
Chi e’ lei?
CONTE
Il Conte d’Almaviva io sono.
BARTOLO
Il Conte! Ah, che mai sento!
Ma cospetto!
CONTE
T’accheta, invan t’adopri,
resisti invan. De’ tuoi rigori insani
giunse l’ultimo istante. In faccia al mondo
io dichiaro altamente
costei mia sposa.
(a Rosina)
Il nostro nodo, o cara,
opra e’ d’amore. Amore,
che ti fe’ mia consorte
a te mi stringera’ fino alla morte.
Respira omai: del fido sposo in braccio,
vieni, vieni a goder sorte piu’ lieta.
BARTOLO
Ma io…
CONTE
Taci
BASILIO
Ma voi…
CONTE
Ola’, t’accheta.
Cessa di piu’ resistere,
non cimentar mio sdegno.
Spezzato e’ il gioco indegno
di tanta crudelta’.
Della belta’ dolente,
d’un innocente amore
l’avaro tuo furore
piu’ non trionfera’.
E tu, infelice vittima
d’un reo poter tiranno,
sottratta al giogo barbaro,
cangia in piacer l’affanno
e in sen d’un fido sposo
gioisci in liberta’, Cari amici
CORO
Non temete.
CONTE
Questo nodo
CORO
Non si scioglie,
sempre a lei vi stringera’.
CONTE
Ah, il piu’ lieto, il piu’ felice
e’ il mio cor de’ cori amanti;
non fuggite, o lieti istanti
della mia felicita’.
CORO
Annodar due cori amanti
e’ piacer che egual non ha.
BARTOLO
Insomma, io ho tutti i torti
FIGARO
Eh, purtroppo e’ cosi’!
BARTOLO
(a Basilio)
Ma tu, briccone,
tu pur tradirmi e far da testimonio!
BASILIO
Ah, Don Bartolo mio, quel signor Conte
certe ragioni ha in tasca,
certi argomenti a cui non si risponde.
BARTOLO
Ed io, bestia solenne,
per meglio assicurare il matrimonio,
io portai via la scala del balcone.
FIGARO
Ecco che fa un’Inutil Precauzione.
BARTOLO
Ma e la dote? io non posso…
CONTE
Eh, via; di dote
io bisogno non ho: va, te la dono.
FIGARO
Ah, ah! ridete adesso?
Bravissimo, Don Bartolo,
ho veduto alla fin rasserenarsi
quel vostro ceffo amaro e furibondo.
Eh, i bricconi han fortuna in questo mondo.
ROSINA
Dunque, signor Don Bartolo?
BARTOLO
Si’, si’, ho capito tutto.
CONTE
Ebben, dottore?
BARTOLO
Si’, si’, che serve? quel ch’e’ fatto e’ fatto.
Andate pur, che il ciel vi benedica.
FIGARO
Bravo, bravo, un abbraccio;
venite qua, dottore.
ROSINA
Ah, noi felici!
CONTE
Oh, fortunato amore!
FIGARO
Di si’ felice innesto
serbiam memoria eterna;
io smorzo la lanterna;
qui piu’ non ho che far.
(Smorza la lanterna.)
ROSINA
Costo’ sospiri e pianti
un si’ felice istante:
alfin quest’almsa amante
comincia a respirar.
CORO
Amore e fede eterna
si vegga in voi regnar.
F I N E