Rossini: L’Italiana in Algeri

 

« Tu mi dovresti trovar un’italiana.
Ho una gran voglia d’aver una di quelle signorine
che dan martello a tanti cicisbei »

L’Italiana in Algeri è un’opera lirica di Gioachino Rossini.

Il libretto di Angelo Anelli, un dramma giocoso in due atti, appartiene al genere dell’opera buffa ed era stato scritto per la musica di Luigi Mosca, autore pure lui di un’opera omonima rappresentata per la prima volta nel 1808. Com’era abbastanza d’uso allora, Rossini riprese lo stesso libretto (con alcuni cambiamenti affidati a Gaetano Rossi) e scrisse la sua opera con lo stesso titolo. Il melodramma venne rappresentato per la prima volta al Teatro San Benedetto di Venezia ed ebbe subito un ottimo successo, anche grazie alla compagnia di canto comprendente Maria Marcolini e Filippo Galli. Ancora oggi, insieme a Il barbiere di Siviglia e al Guglielmo Tell, è una delle opere di Rossini più rappresentata nei repertori di tutti i teatri lirici.

La trama
Atto I
Elvira, moglie del Bey, si lamenta con la sua confidente Zulma di aver perduto l’amore del suo sposo: ma si rassegnino le donne al loro triste destino di sofferenza, consigliano gli eunuchi del serraglio. Ed ecco sopraggiungere Mustafaà che con tono autoritario e arrogante tronca sul nascere ogni tentativo di Elvira di rientrare nelle sue grazie (“Serenate il mesto ciglio”). Rimasto solo con Haly, il capitano dei corsari, Mustafà si dichiara ormai stanco della moglie: Elvira sia dunque data in sposa al giovane schiavo italiano Lindoro e per lui invece i corsari catturino una nuova moglie italiana dal temperamento più vivace. Lindoro intanto, ormai da tre mesi ad Algeri, afflitto dalla lontanaza della sua bella, attende ardentemente il giorno del ritorno in patria (“Languir per una bella”) ma ora che Mustafà ha deciso di fargli prendere moglie Lindoro si sente in trappola e cerca di sottrarsi alla bizzarra proposta. (“Se inclinassi a prender moglie”).

Un vascello, gettato su uno scoglio da una burrasca, viene raggiunto dai corsari che portano poi a terra bottino e prigionieri (“Quanta roba, quanti schiavi”). Con essi sbarca isabella, che si era messa in viaggio per rintracciare Lindoro, il suo fidanzato: Circondata dai corsari Isabella, dopo l’iniziale sgomento, si rende conto che occorre farsi coraggio e giocare d’astuzia, sfoderando il meglio delle arti femminili(“Cruda sorte, amor tiranno”).

Con Isabella è catturato anche Taddeo, suo compagno di viaggio nonché suo irriducibile spasimante che ora però, data la nuova situazione, viene fatto da lei passare per suo zio. Appreso che si tratta di italiani, Haly esulta e predice a Isabella che sarà la prescelta del serraglio di Mustafà. Ciò basta a scatenare la gelosia di Taddeo, cui fa subito eco la reazione di Isabella irritata per uno spasimante così invadente. Ma i due non possono non rimanere uniti: dato il pericolo che incombe su di loro l’uno potrà aver bisogno dell’altro. (“Ai capricci della sorte”)

Il Bey riesce finalmente a convincere l’ostinato Lindoro a condurre via con se Elvira offrendogli in cambio la libertà e il tanto sospirato permesso di ritornare in Italia. Subito dopo giunge Haly che comunica al Bey l’arrivo della nuova prigioniera italiana. Mustafà, liquidate prontamente Elvira e Zulma, già sente infiammarsi per l’Italiana e si allontana con il suo seguito per accoglierla degnamente (“Gia’ d’insolito ardore”). Lindoro annuncia ad Elvira e Zulma che il vascello che li porterà in Italia è ormai pronto a salpare ma Elvira vuole ancora una volta rivedere Mustrafà.

Non appena gli viene presentata Isabella, subito il Bey rimane affascinato dalla sua bellezza e soprattutto dalla rete di lusinghe in cui la giovane l’ha già scaltramente imprigionato. Giungono a questo punto Lindoro, Elvira e Zulma che vogliono congedarsi dal Bey prima di partire per l’Italia. Alla vista di Lindoro, Isabella rimane per pochi istanti confusa ma subito riavutasi dalla sorpresa riesce a ribaltare la situazione: tra lo stupore generale intima a Mustafà di non lasciar partire e di non abbandonare lamoglie, e chiede per sé, come schiavo personale, Lindoro.

Atto II
Elvira, Zulma, Haly e gli eunuchi del serraglio ironizzano sul cambiamento improvviso del Bey, così abilmente raggirato dall’Iialiana (“Uno stupido, uno stolto”) Giunge quindi il Bey, bramoso di incontrarsi a quattr’occhi con Isabella, invia Elvira e Zulma ad annunciarle che fra mezzora sarà da lei a prendere il caffè. Intanto Isabella incontra Lindoro e dissipati i dubbi sulla presunta infedeltà di lui, decide di escogitare un piano per fuggire insieme da Algeri. Lindoro, finalmente ricongiunto all’amata, esulta di gioia (Oh, come il cor di giubilo”). Anche Mustrafà sta affilando le sue armi: pur di ingraziarzi Isabella, decide di nominare il presunto zio Taddeo “grande Kaimakan”, cioé protettore dei mussulmani. Abbigliato alla turca con sciabola e turbante, sempre di piu’ Taddeo avverte il ridicolo della sua posizione ma, temendo il peggio, si rassegna ai voleri del Bey. (“Viva il grande Kaimakan”,” Ho un gran peso sulla testa”).

Mentre Isabella dinanzi a uno specchio sta vestendosi alla turca, sopraggiunge Elvira portandole l’ambasciata amorosa del Bey. Indignata per un comportamento cosi’ sottomesso, Isabella invita Elvira ad essere piu’ decisa nei confronti di Mustafà e a seguire il suo esempio: per ora Elvira si ritiri nella stanza accanto; poi, al momento opportuno, Isabella le farà vedere come vanno trattati gli uomini. Sapendo che il Bey sta per arrivare, Isabella indugia ancora davanti allo specchio e finge di farsi bella per lui (“Per lui che adoro”) quindi si allontana. Mustafà, rimasto indietro a spiarla con Taddeo e Lindoro, cade in pieno nella trappola: acceso d’amore per una simile visione è impaziente di incontrarsi con lei. Ordina a Taddeo di assecondarlo e di ritirarsi poi al momento giusto, quando Mustafà si metterà a starnutire. Ritornata Isabella, la situazione si fa incandescente: Mustafà gia’ pregusta il frutto della sua conquista e con ripetuti starnuti invita lo “zio” a togliersi dai piedi. Taddeo, fremente di gelosia si ostina invece a rimanere, Isabella e Lindoro si divertono alle loro spalle finché, con un colpo a sorpresa, Isabella invita Elvira a prendere il caffé suscitando così le ire di Mustafà. Questi si sente giocato dall’italiana proprio ora che stava per concretizzare il suo progetto amoroso (“Ti presento di mia man”).

Haly gode del fatto che Mustafà, con tutta la sua boria, sta perdendo la testa per Isabella: non la si fa alle donne italiane, son troppo esperte nell’arte di farsi amare (“Le femmine d’Italia”). Ma la gelosia di Taddeo e la collera di Mustafà potrebbero compromettere la situazione. Lindoro rivela allora a Taddeo il piano di fuga escogitato da Isabella e Taddeo, nella sua vanita’, e’ convinto che lei faccia tutto ciò per amor suo. Sopraggiunge Mustafà, è contrariato per le civetterie di Isabella ma Lindoro prontamente l’assicura che la bella italiana spasima d’amore per lui e che vuole insignirlo con gran pompa solenne del titolo di “Pappataci” . La burla va a segno: al Bey, desideroso di conoscere il significato di tale onorificenza Lindoro, ormai con la complicità di Taddeo, risponde che il titolo spetta a chi, fra gli amori e le bellezze, sappia solo dormire, mangiare, bere e godersi la bella vita (“Pappataci, che mai sento”).

Si prepara quindi la finta cerimonia cui parteciperanno anche gli schiavi italiani vestiti da pappataci. A costoro e a Lindoro Isabella cerca di infondere coraggio ricordando che è ormai vicino il momento del loro ritorno in patria (“Pronti abbiamo e ferri e mani”, “Pensa alla patria”). Mustafà, vestito con gli abiti di pappataci, ripete le formule di giuramente che gli legge Taddeo: si impegna a mangiare e a bere senza curarsi di quel che vedrà o sentirà. Per metterlo alla prova Isabella e Lindoro si scambiano frasi amorose; Mustafà dapprima protesta ma poi, da vero Pappataci, fa finta di niente e continua a mangiare. E neanche reagisce quando un vascello si avvicina alla loggia del palazzo e imbarca Isabella e Lindoro insieme a tutti gli schiavo italiani. Naturlamente anche Taddeo, pur vedendosi tradito, si affretta a seguirli. E al Bey, riportato alla cruda realtà da Elvira, Zulma, Haly e dai suoi Eunuchi (fatti ubriacara da Isabella e resi inoffensivi), non rimane altra scelta che dimenticare le donne italiane e invocare il perdono della docile moglie.

 

Haydn: The seven last words of Christ

Le sette ultime parole di Cristo ( tedesco : Die sieben letzten Worte unseres Erlösers am Kreuze, “Le sette ultime parole di Nostro Salvatore sulla Croce” è una composizione di Joseph Haydn , con sette meditazioni sulle ultime parole di Gesù Cristo, commissionata nel 1787 per il Venerdì Santo di servizio presso la Grotta di Santa Cueva vicino a Cadice nel sud della Spagna . Il lavoro esiste in varie versioni, tra cui l’originale per orchestra, un oratorio con le forze vocali, e una trascrizione per quartetto d’archi.

Origine

Haydn stesso spiegò l’origine del lavoro nel 1801, quando l’editore Breitkopf & Härtel rilasciato una nuova edizione e gli chiese di scrivere una prefazione:

Circa quindici anni fa mi è stato richiesto da un canonico di Cadice a comporre musica strumentale sulle sette ultime parole del nostro Redentore sulla Croce.

Il pezzo è costituito da un’introduzione, sette sonate e un finale:

1.Introduzione, D minor, Maestoso ed Adagio Introduzione, re minore, Maestoso ed Adagio

2.Sonata I (‘Pater, dimitte illis, quia nesciunt, quid faciunt’), B flat, Largo Sonata I (‘Pater, dimitte illis, quia nesciunt, quid faciunt’), B flat, Largo

3.Sonata II (‘Hodie mecum eris in Paradiso’), C minor, Grave e cantabile, ending in C major Sonata II (‘mecum eris in Paradiso hodie’), do minore, Grave e cantabile, che termina in do maggiore

4.Sonata III (‘Mulier, ecce filius tuus’), E major, Grave Sonata III (‘Mulier, ecce filius tuus’), Mi maggiore, Grave

5.Sonata IV (‘Deus meus, Deus meus, utquid dereliquisti me’), F minor, Largo Sonata IV (‘Deus meus, Deus meus, dereliquisti utquid me’), fa minore, Largo

6.Sonata V (‘Sitio’), A major, Adagio Sonata V (‘Sitio’), la maggiore, Adagio

7.Sonata VI (‘Consummatum est’), G minor, Lento, ending in G major Sonata VI (‘Consummatum est’), Sol minore, Lento, che termina in sol maggiore

8.Sonata VII (‘In manus tuas, Domine, commendo spiritum meum’), E flat, Largo Sonata VII (‘In manus tuas, Domine, commendo Spiritum meum’), Mi bemolle, Largo

9.Il terremoto, C minor, Presto e con tutta la forza Il Terremoto, Do minore, Presto e con Tutta La Forza

Walter Gieseking in famose interpretazini

 

 

 

 

 

 

 

Scarica qui le interpretazioni di Walter Gieseking

lato 1

Wolfgang A:Mozart
Quintetto in mi bemolle maggiore K.542
Walter Gieseking piano e il quartetto di fiati Philarmonia

Lato 2
Ludwig van Beethoven
Quintetto in mi bemolle maggiore Op.16

Walter Gieseking piano e il quartetto di fiati Philarmonia

Lato 3
Wolfgang A.Mozart
LIEDER
Elisabeth Schwarzkopf, soprano
Walter Gieseking, pianoforte

Lato 4
Wolfgang A.Mozart
LIEDER
Elisabeth Schwarzkopf, soprano
Walter Gieseking, pianoforte

Lato 5
Ludwig van Beethoven
Concerto N.1 in do maggiore Op.15 per pianoforte e orchestra
Walter Gieseking pianoforte e l’orchestra dell’opera di stato di Berlino duretta da Hans Rosbaud

Lato 6
Ludwig van Beethoven
Concerto N.4 in sol maggiore Op.58 per pianoforte e orchestra
Walter Gieseking pianoforte e l’orchestra della cappella di stato Sassone durettore Karl Bohm

Lato 7
Ludwig van Beethoven
Concerto N.5 in mi bemolle maggiore Op.73 “Imperatore” per pianoforte e orchestra
1 movimento allegro
Walter Gieseking pianoforte e l’orchestra filarmonica di Vienna direttore Bruno Walter

Lato 8
Ludwig van Beethoven
Concerto N.5 in mi bemolle maggiore Op.73 “Imperatore” per pianoforte e orchestra
2 movimento adagio un poco mosso
3 movimento rondò (allegro)
Walter Gieseking pianoforte e l’orchestra filarmonica di Vienna direttore Bruno Walter

Lato 9
Cesar Franck
Variazioni sinfoniche per pianoforte e orchestra
Walter Gieseking, pianoforte e l’orchestra filarmonica di Londra diretta da Sir Henry I.Wood

Lato 10
Johann Sebastian Bach
1 Concerto italiano in fa maggiore
2 Minuetti 1 e 2 dalla partita N.1 in si bemolle maggiore
3 Jesu, Joy of man’s desiring
4 Giga dalla suite N.5
Walter Gieseking pianoforte

Lato 11
1 C.Sinding
Mormorio di primavera Op.32 N.3
2 Ludwig Van Beethoven
Bagatella in mi bemolle maggiore Op.33
3 G.F. Hendel
Il fabbro armonioso
4 F.Chopin
Preludio in fa maggiore Op.28 N.23
Walter Gieseking , pianoforte

Lato 12
1 F.Chopin
Valzer in re bemolle Op.64 N.1
2 F.Chopin
Mazurka in la minore Op.17 N.4
3 L.van Beethoven
Bagatella in la minore “Per Elisa”
4 R.strauss
Freundliche vision Op.48 N.1
5 R.Strauss
Standchen Op.17 N.2
Walter Gieseking, pianoforte

Rossini: La Gazza Ladra

Gioachino Rossini:

La Gazza Ladra
Rossini ha fatto una musica che non tramonta, che dopo quasi 200 anni è sempre attuale.
Se nasceva 150 anni dopo, rischiava di fare hard-rock o addirittura metallo pesante, tanta è l’energia che scorre nella sua musica. E sarebbe stato un nuovo Hendrix o un Miles Davis come importanza musicale.
L’ouverture di una delle sue più belle opere – prima rappresentazione 1817, un successo enorme – è meravigliosa da ascoltare in assoluto.

La bellezza della linea melodica, che viene ripetuta spesso, la cura degli arrangiamenti, l’alternanza tra i pianissimo e i fortissimo, il famoso “crescendo” rossiniano, l’orchestra che si esalta nel finale… tutte queste cose ti lasciano capire cos’è la musica, quella vera, quella che ti colpisce al cuore con la sua forza e fragilità, quella che ti fa sentire pronto a tutto, quella che ti colora la giornata.

La gazza ladra è un’opera lirica di Gioachino Rossini su libretto di Giovanni Gherardini.
Il soggetto fu tratto dal dramma La Pie voleuse ou La Servante de Palaiseau (1815) di Théodore Badouin d’Aubigny e Louis-Charles Caigniez. La prima rappresentazione ebbe luogo il 31 maggio 1817 al Teatro alla Scala di Milano. L’opera, un tempo famosissima, viene oggi rappresentata raramente, mentre è rimasta nel repertorio sinfonico la magnifica sinfonia dell’opera.
Secondo testimonianze dell’epoca la prima fu un grande successo. L’enorme popolarità dell’opera che durerà fino agli ultimi anni ’20 dell’Ottocento è dimostrata tra l’altro dai numerosi libretti e adattamenti

Trama:

Ninetta spera di sposare Giannetto, che è appena tornato dalla guerra, cerca di dare un rifugio al padre Fernando Villabella, disertore dell’esercito, ed è importunata dalle attenzioni del podestà, Gottardo. La sparizione di un semplice cucchiaio e la testimonianza di Isacco, l’ambulante, che ha acquistato un pezzo di argento che Ninetta le aveva venduto per raccogliere qualche soldo da dare al padre, porteranno alla sua incarcerazione. Ninetta viene processata e giudicata colpevole, e verrà salvata dal patibolo all’ultimo momento grazie alla scoperta del ladro, la gazza ladra del titolo.

Scarlatti: 30 sonate per cembalo

Domenico Scarlatti:
30 sonate pe cembalo.

K.9 (L.413)
K.115 (L.407)
K.124 (L.232)
K.132 (L.457)
K.133 (L.282)
K.206 (L.257)
K.208 (L.238)
K.209 (L.428)
K.215 (L.323)
K.216 (L.273)
K.238 (L.27)
K.239 (L.281)
K.259 (L.103)
K.260 (L.124)
K.308 (L.359)
K.309 (L.454)
K.394 (L.257)
K.395 (L.65)
K.402 (L.427)
K.403 (L.470)
K.429 (L.132)
K.430 (L.463)
K.446 (L.433)
K.460 (L.324)
K.461 (L.8)
K.481 (L.187)
K.490 (L.206)
K.491 (L.164)
K.492 (L.14)
K.513 (L. Supp. 3)

Menotti: Amelia al ballo

Giancarlo Menotti:
Amelia al ballo

Scarica qui Amelia al ballo

Amelia al ballo è un’opera buffa in un atto con testo e musica di Gian Carlo Menotti.

La prima rappresentazione, in inglese (l’opera fu scritta originariamente in italiano, la traduzione fu opera di Georg Mead) con il titolo Amelia Goes to the Ball, ebbe luogo all’Academy of Music di Philadelphia il 1º aprile 1937; la prima esecuzione italiana ebbe invece luogo il 4 aprile 1938 al Casinò di Sanremo.
È la prima opera di Gian Carlo Menotti, che continua la tradizione del verismo italiano, seppur con influenze melodiche pucciniane.

Trama
Amelia desidera ardentemente partecipare al primo ballo della stagione. Chi dovrebbe accompagnarla, il marito, ha appena scoperto di essere tradito e pretende di sapere con chi in cambio della promessa di andare al ballo. Amelia gli rivela che l’amante è l’inquilino del piano di sopra. Dopo litigi e minacce arriva dunque un commissario di polizia, col quale Amelia può finalmente andare al ballo

Rubinstein in famose interpretazioni da Bach a Villa-Lobos

 

 

Scarica qui le interpretazioni di Rubenstein

Bach – Busoni (1675 – 1750)

Preludio dalla toccata in do maggiore

Chopin (1810 – 1849)
Barcarola in fa diesi maggiore op.60
Polacca N.3 in la maggiore op.40 n.1

Schumann (1810 – 1856)
Arabeske op.18

Albeniz (1860 – 1909)
Navarra – Siviglia – Triana – Suite Iberica

Debussy (1862 – 1918)
Preludio in la minore

Ravel (1875 – 1937)
Furlana da “Le trombeau de Couperin”

Villa – Lobos (1887 – 1959)
Moreninka – Pobresinka – Pulcinella

Artur Rubinstei pianista

Beethoven concerti

Disco 643 608
Concerto per piano e orchestra N.1 in C major Op.15
Facciata a: 1) Allegro con brio; Facciata b: 2) Largo, 3) Rondò: allegro scherzando
Disco 643 609
Concerto per piano e orchestra N.2 in B flat major Op.19
Facciata a: 1) Allegro con brio 2) Adagio 3)Rondò: molto allegro
Concerto per piano e orchestra N.4 in G major Op.58
Facciata b: 1) Allegro moderato 2)Andante con moto 3) Rondò: vivace
Disco 643 610
Concerto per piano e orchestra N.3 in C minor Op.37
Facciata a: Allegro con brio; Facciata b: 2) largo 3) Rondò allegro
Disco 643 611
Concerto per piano e orchestra N.5 in E flat major Op.73
Facciata a: 1) Allegro; Facciata b) 2) Adagio un poco mosso 3) Rondò: allegro
Disco 643 612
Concerto per violino e orchestra in D major Op.61
Facciata a: 1) Allegro ma non troppo Facciata b: 2)Larghetto 3)Allegro
Disco 645 613
Facciata a:
Romanza per violino e orchestra in G major Op.40
Romanza per violino e orchestra in F major Op.50
Concerto per piano, violino, violoncello e orchestra in C major Op.56
Allegro
Facciata b: 2) Largo 3) Rondò alla polacca