Klarinettenquintett A dur KV581
Klarinettenquintett A dur KV581
Lato a :
Quintet avec Clarinette en si beml majeur op.34
Allegro
Fantasia (adagio)
Menuetto capriccioso (presto)
Rondò (allegro giocoso)
Guy Dangain clarinette
Trio a cordes de Paris, serge Hurel 2° violon
Introduction, Theme et Variations pour Clarinette et Quatuor a Cordes
Adagio
Allegretto
6 variations
Allegro assai
Grand duo concertant pour clarinette et paino en si beml majeur op.48
Allegro con fuoco
Andante con moto
Rondò allegro
Guy Dangain clarinette
Scarica qui Il cavaliere della rosa di R.Strauss
Il cavaliere della rosa (Der Rosenkavalier), commedia per musica in tre atti, è un’opera lirica in lingua tedesca che venne eseguita la prima volta il 26 gennaio 1911 alla Semperoper di Dresda (allora chiamata Königliches Opernhaus). La musica è del compositore tedesco Richard Strauss (op.58), il libretto dello scrittore austriaco Hugo von Hofmannsthal.
L’opera ottenne subito un successo clamoroso, e dopo la prima viennese di poco successiva, Strauss venne dichiarato “cittadino onorario” di Vienna. Fra i motivi più famosi dell’opera ci sono i valzer. Da un punto di vista rigorosamente logico si tratta di una forzatura, nel Settecento il valzer non era ancora di moda; ma dal punto di vista musicale fu una trovata geniale, cui è dovuta in gran parte il fascino dell’opera. La prima esecuzione in Italia avvenne il 1o marzo 1911 al Teatro alla Scala di Milano sotto la direzione di Tullio Serafin. Si ebbero fischi e contestazioni, perché una parte del pubblico ritenne la parte dei due intriganti Valzacchi e Annina (nomi italiani) offensiva. Perciò Strauss li modificò in Rys-Galla e Zephyra, nomi levantini. Può perciò ancora oggi capitare di trovare nei libretti questi due nomi
Disco 1
Lato 1
N 1 in do diesis minore
N 2 in do diesis minore
Lato 2
N 3 in si bemolle maggiore
N 4 in mi bemolle maggiore
N 5 in mi minore
N 6 in re bemolle maggiore
Disco 2
Lato 3
N 7 in re minore
N 8 in fa diesis minore “Capriccio”
N 9 in mi bemolle maggiore “Carnevale di Pest”
Lato 4
N 10 in mi maggiore “Preludio”
N 11 in la minore
N 12 in do diesis minore
Ervin Laszlo pianista
Scarica qui le rapsodie ungheresi di Liszt
Le 19 rapsodie ungheresi di Franz Liszt sono una composizione per pianoforte in forma libera ispirata ai moti patriottici ungheresi del 1848.
Liszt scrisse questa raccolta di opere tra gli anni 1846-1853 e poi più tardi negli anni 1882-1885, in onore dei moti rivoluzionari del democratico Lajos Kossuth per l’indipendenza dell’Ungheria dall’Austria. Le prime 15 vennero eseguite per la prima volta nel 1853, mentre le altre 4 tra il 1882 e il 1885. In questa composizione Liszt mostra tutta la sua capacità virtuosistica: in esse possiamo notare i contrasti tra modi e sonorità, i periodi di calma e di turbolenza e le forme libere che danno una sorprendente libertà di esposizione dei temi.
Lo stesso compositore adattò l’opera per tre diversi organici: orchestra, due pianoforti e trio.
Le 19 rapsodie N. 1 in Mi maggiore
• N. 2 in Do diesis minore
• N. 3 in Re bemolle minore
• N. 4 in Mi bemolle maggiore
• N. 5 in Mi minore, Héroïde-élégiaque
• N. 6 in Re bemolle maggiore
• N. 7 in Fa minore
• N. 8 in Fa diesis minore (Conte Anton Augusz)
• N. 9 in Mi bemolle maggiore, Pesther Carneval
• N. 10 in Mi maggiore
• N. 11 in La minore (Barone Fery Orczy)
• N. 12 in Do diesis minore (Joseph Joachim)
• N. 13 in La minore (Conte Leo Festetics)
• N. 14 in Fa maggiore (Hans von Bülow)
• N. 15 in La minore, Rákóczy-Marsch
• N. 16 in La minore, Magyar rapszódiá
• N. 17 in Re minore, tirée de l’album de Figaro
• N. 18 in Fa diesis minore, Magyar rapszódiák
• N. 19 in Re minore, d’après les ‘Csárdás nobles’ de Kornél Ábrányi (sr) (1885)
Il Trio
Il trio Alfred Cortot, Jacques Thibaud e Pablo Casals ha per le nuove generazioni un significato quasi leggendario e in Italia, negli anni 1926/29 epoca di queste incisioni e epoca in cui era appena giunta a Milano la Missa Solemnis di Beethoven, un complesso formato dai più prestigiosi nomi del concertismo internazionale era materia gustabile da pochi iniziati e da vecchie signorine che avevano studiato in gioventù il pianoforte (erano rari i giovani nelle sale da concerto), o da qualche allievo di Alfredo Casella che, unico ed isolato, cercava di svincolare la cultura musicale italiana dal suo congenito provincialismo.
Il trio Cortot-Thibaud-Casals si formò nel 1905 e non ebbe praticamente rivali, in quanto non si trattava di tre illustri concertisti che si “mettevano insieme” ma di tre nature di musicisti, splendidi esecutori, ma dai profondi interessi culturali.
Alfred Cortot (1877-1962) allievo di un allievo di Chopin (Descombes) aveva affinato le sue doti interpretative e la sua pratica di interprete come maestro sostituto a Bayreuth, dirigendo nel 1902 a Parigi Tristano e Isotta e Crepuscolo degli Dei e poi numerose opere contemporanee alla Societe des concerts fondata l’anno seguente.
Jaques Thibaud, (1880 morto in un incidente aereo nel 1953) ebbe più severe routine. Diplomatosi a Parigi con il primo premio, per guadagnarsi la vita si accontentò di un posto nell’orchestrina del cafè Rouge ma Colonne lo volle nella sua orchestra e nel 1898 lo presentava in pubblico come solista. Thibaud si affermò rapidamente come uno dei maggiori violinisti del suo tempo.
L’unione di questi musicisti, il loro perfetto accordo musicale e umano, ha dato vita a un complesso che per decenni è stato tra i protagonisti della vita musicale in ogni parte del mondo.
Giampiero Tintori
Lato 1
Daphnis et Chloe
Alborada del Gracioso
Le Tombeau Couperin
1 Prelude
Lato 2
2 forlane
3 Menuet
4 Rigaudon
Ernest Ansermet conducting L’0rchestre de la Suisse Romande
Joseph-Maurice Ravel
(Ciboure (Ziburu, in basco), 7 marzo 1875 – Parigi, 28 dicembre 1937) è stato un compositore e pianista francese. È famoso principalmente per il suo lavoro per orchestra Boléro, e per la celebre orchestrazione, nel 1922, dei Quadri di un’esposizione di Modest Mussorgsky. Egli stesso descrisse il suo Boléro come “una composizione per orchestra senza musica”. Le orchestrazioni di Ravel sono da apprezzare in modo particolare per l’utilizzo delle diverse sonorità e per la complessa strumentazione.
Maurice Ravel nacque nei pressi di Biarritz, nella regione basca francese, ai confini con la Spagna. Suo padre, Joseph Ravel (1832-1908), era un apprezzato ingegnere civile, di ascendenza svizzera e savoiarda (Ravex). Sua madre, Marie Delouart-Ravel (1840-1917), era di origine basca, discendente di una vecchia famiglia spagnola (Deluarte o Eluarte). Ebbe un fratello, Édouard Ravel (1878-1960), con cui mantenne durante tutta la vita una forte relazione affettiva.
All’età di sette anni, il giovane Maurice iniziò a studiare il pianoforte, e iniziò a comporre cinque o sei anni più tardi. I genitori lo incoraggiarono in quest’attività, e lo mandarono a studiare al Conservatorio di Parigi, dapprima per gli studi generali, ed in seguito come studente di pianoforte. Durante i suoi studi a Parigi, Ravel incontrò e frequentò numerosi compositori giovani, e innovativi, che usavano chiamarsi Les Apaches per la loro vita sregolata; il gruppo era famoso per la sua forte inclinazione al consumo di alcolici.
Studiò musica al conservatorio con Gabriel Fauré per quattordici straordinari anni. In questo periodo, Ravel provò diverse volte a vincere il prestigioso premio Prix de Rome, inutilmente. Dopo uno scandalo che implicò anche la mancata assegnazione del premio a Ravel, benché fosse risultato il favorito per la vittoria in quell’anno, Maurice abbandonò il conservatorio; questo incidente comportò anche le dimissioni del direttore del conservatorio. Ravel fu influenzato da diversi stili musicali legati a diverse parti del mondo: il jazz americano, la musica asiatica e le canzoni popolari tradizionali di tutta Europa. Maurice non fu religioso, e probabilmente fu ateo: non gli piacevano i temi di carattere spiccatamente religioso degli altri compositori, come Richard Wagner, mentre preferiva studiare la mitologia classica per ispirarsi. Ravel non si sposò mai, ma ebbe diverse relazioni durature; era inoltre famoso come frequentatore dei bordelli di Parigi.
Durante la Prima guerra mondiale non poté essere arruolato per la sua età e la salute debole: diventò un autista di ambulanza.
Influenza musicale
Ravel si considerò sotto molti aspetti un neoclassico: egli utilizzò, infatti, tecniche e strutture compositive tipicamente tradizionali e diatoniche, con una precisione matematica tanto ammirata, senza mai sconfinare nell’atonalità, per proporre le sue armonie nuove ed innovative.
Ad una prima impressione, fu influenzato da Debussy, ma in realtà Ravel fu ispirato anche dalla musica russa e spagnola, e dal jazz degli Stati Uniti, come si evidenzia dal movimento intitolato Blues della sua sonata per violino e pianoforte e dal clima del Concerto in Re per pianoforte con sola mano sinistra e orchestra, dedicato al pianista Paul Wittgenstein mutilato in guerra.
Maurice Ravel è considerato impressionista al pari di Debussy, ma anche imitando lo stile di altri, il carattere tipico delle composizioni di Ravel rimane evidente.
Ravel al pianoforte
Nell’anno 1928 Ravel visitò gli Stati Uniti e il Canada con il treno, eseguendo concerti pianistici nelle principali sale da concerto di venticinque città. Per la loro riluttanza ad assumere il jazz ed il blues come stile di musica nazionale, affermò che “la maggiore paura dei compositori americani è quella di trovare in se stessi strani impulsi al distacco dalle regole accademiche: a questo punto i musicisti, da buoni borghesi, compongono la loro musica secondo le regole classiche dettate dalla tradizione europea”. Quando il compositore americano George Gershwin incontrò Ravel, gli parlò del desiderio di studiare, se possibile, con il compositore francese. Quest’ultimo rispose: “Perché dovresti essere un Ravel di secondo livello quando puoi essere un Gershwin di primo livello?”
Alcuni appunti e frammenti confermano l’influenza che la musica basca ebbe sul compositore: si nota infatti che in alcune delle sue opere sono utilizzati temi e ritmi tipici della tradizione della sua regione natale.
Ravel commentò che André Gédalge, il suo professore di contrappunto, fu fondamentale per lo sviluppo delle sue qualità compositive. Come strumentista ed arrangiatore per orchestra, Ravel studiò con grande perizia e meticolosità le possibilità espressive dei singoli strumenti, per poterne determinare gli effetti: fu questa la caratteristica che permise il successo delle sue trascrizioni per orchestra, sia delle sue composizioni per pianoforte sia di quelle degli altri compositori,
Egli curò con estrema meticolosità la scrittura dei suoi manoscritti: Stravinskij lo definì l'”orologiaio svizzero”, per la complessità e precisione dei suoi lavori.
Heinrich Ignaz Franz Biber
Heinrich Ignaz Franz von Biber (12 agosto 1644 – 3 maggio 1704) è stato un compositore e violinista austriaco, di nazionalità boema
Biber nacque a Wartenberg, in Boemia (oggi Stráž pod Ralskem, Repubblica Ceca). Poco si sa della sua formazione, se non che potrebbe aver studiato ad un Ginnasio di Gesuiti in Boemia.
Prima del 1668, Biber lavorò alla corte del principe Johann Seyfried Eggenberg a Graz e successivamente fu alle dipendenze del Vescovo di Olmütz (oggi Olomouc), Karl II von Liechtenstein-Kastelkorn, a Kroměříž, dove prestava servizio come direttore della Cappella l’amico di Biber Pavel Josef Vejvanovský. Pare che Biber godesse di una buona reputazione e che il suo talento violinistico fosse tenuto in alta considerazione.
Nell’estate 1670, Karl II mandò Biber ad Absam, presso Innsbruck per negoziare con il grande liutaio Jacobus Stainer l’acquisto di nuovi strumenti per la Cappella. Ma il compositore non raggiunse la sua destinazione ed invece raggiunse Salisburgo, dove entrò in servizio presso l’arcivescovo Maximilian Gandolph von Khuenburg. Dal momento che Karl e Maximimilian erano amici, l’ex datore di lavoro del compositore evitò di intraprendere alcuna azione, ma ne fu talmente molto offeso che fece attendere il 1676 per liberare ufficialmente il compositore dai suoi obblighi.
Biber rimase a Salisburgo per il resto della sua vita. La sua carriera musicale e sociale prosperò: egli cominciò a pubblicare la sua musica nel 1676, si esibì di fronte all’Imperatore (e ne fu ricompensato) nel 1677, divenne sostituto maestro di cappella al Duomo di Salisburgo nel 1677 e maestro di cappella nel 1684. Nel 1690 fu fatto nobile dall’Imperatore, con il titolo di Biber von Bibern.
Il compositore sposò il 30 maggio 1672 Maria Weiss, figlia di un mercante salisburghese. La coppia ebbe undici figli, solo quattro dei quali sopravvissero fino all’età adulta. Tutti ebbero talento per la musica: Anton Heinrich (1679–1742) e Karl Heinrich (1681–1749) furono entrambi violinisti al servizio della corte salisburghese, ed in particolare il secondo prese nel 1743 il posto di maestro di cappella a Salisburgo che era già stato del padre. Le figlie Maria Cäcilia (nata nel 1674) e Anna Magdalena (1677–1742) entrarono in convento e alla seconda (contralto e violinista) fu affidata la direzione del coro e della cappella dell’Abbazia di Nonnberg.
Biber fu uno dei più importanti compositori nella storia della musica violinitica. La sua tecnica gli permetteva di raggiungere facilmente la 6ª e 7ª posizione, di impiegare le doppie corde in intricati passaggi polifonici, e di esplorare le varie possibilità della scordatura (accordatura non convenzionale dello strumento), un espediente tecnico già impiegato da compositori italiani, austriaci e tedeschi, tra i quali Biagio Marini, Marco Uccellini e soprattutto Johann Heinrich Schmelzer, che alcuni individuano come possibile maestro di Biber, ma portato da quest’ultimo ad un maestria senza eguali né tra i compositori precedenti, né tra i successivi. Durante la sua vita, la sua musica fu conosciuta e fonte d’ispirazione per molti compositori e violinisti in tutta Europa. Nel tardo ‘700, il musicologo Charles Burney lo definì il più grande compositore per violino del XVII secolo. Nel corso del XX secolo, la sua musica fu riscoperta (soprattutto le 15 Sonate del Rosario o dei Misteri), largamente eseguita e registrata.