Omaggio a Carlo Vidusso

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Nato in Cile, studiò pianoforte con Ernesto Drangosch e si diplomò a 9 anni a Buenos Aires.

Trasferitosi in Italia, studiò composizione con Giulio Cesare Paribeni e Renzo Bossi
al Conservatorio di Milano e continuò al pianoforte con Carlo Lonati.
A 14 anni cominciò a suonare per i concerti della EIAR di Milano.

Virtuoso dotato di tecnica eccezionale e leggendaria facilità di lettura, iniziò a
vent’anni un’intensa carriera concertistica in Italia e in Europa. Sulla straordinaria
lettura a prima vista di Vidusso sono noti diversi aneddoti: a quanto pare era in grado
di risolvere al volo complicati problemi di diteggiatura senza alcuno sforzo. In un caso,
fu chiamato a sostituire in extremis (poche ore prima del concerto) un pianista
infortunato ad una mano, su brani che aveva ascoltato sì, ma mai studiato. Vidusso eseguì
il concerto senza prove, dopo aver poco più che scorso la partitura nei camerini; ciononostante,
la qualità dell’esecuzione fu tale che né il pubblico comune né gli esperti presenti in
sala intuirono minimamente quanto era accaduto. Questa dote avrebbe anche alimentato una “bonaria”
malignità nei suoi riguardi, secondo la quale le sue esecuzioni con lo studio peggioravano rispetto alla prima lettura.

A causa di un disturbo al terzo dito della mano destra, Vidusso smise di suonare in pubblico verso la fine del 1953.
Si dedicò quindi completamente all’insegnamento. Tra i suoi molti allievi, vi sono Leonardo Leonardi, Piero Rattalino,
Maurizio Pollini, Graziella Provedel, André-Sebastien Savoie, Paolo Marcarini. Ha diteggiato molte musiche pianistiche.
Ha vinto numerosi concorsi pianistici internazionali.

Durante l’edizione del 1956 del Concorso pianistico internazionale Ferruccio Busoni, Vidusso doveva
coprire il ruolo di pianista esecutore per il concorso di composizione. Impossibilitato,
propose come sostituto il suo allievo Maurizio Pollini, allora quattordicenne; la proposta fu accolta
dalla giuria, ma con una certa perplessità dovuta alla giovane età del discepolo. Pollini sbalordì tutti
eseguendo impeccabilmente i brani in concorso e, fatto inusuale, a memoria, nonostante il breve tempo a
disposizione per apprenderli; imponendosi così all’attenzione per le proprie non comuni doti, di cui
avrebbe poi dato continue prove in seguito.

Cilea: Adriana Lecouveur

 

 

Cilèa, Francesco. – Musicista italiano (Palmi 1866 – Varazze 1950). 
Studiò a Napoli, con B. Cesi e P. Serrao. Diplomatosi nel 1889, già nel 1890 iniziava un’attiva carriera didattica che doveva condurlo prima alla cattedra di pianoforte a Napoli (S. Pietro a Maiella) e a quella di contrappunto a Firenze (1896-1904), poi alla direzione dei conservatorio di Palermo e di Napoli. Fu accademico d’Italia. 
Esordì come operista (dopo la giovanile Gina) con Tilda (1892). 
Seguirono L’Arlesiana (1897), e l’Adriana Lecouvreur (1902), 
il capolavoro del C., che all’autore dette fama internazionale; 
nel 1907 seguì Gloria, meno fortunata. Vanno inoltre ricordati: una sonata per violoncello e pianoforte (1891), un poema sinfonico-corale su testo di S. Benelli in celebrazione di G. Verdi (Il canto del cigno,1913), pagine da camera e pianistiche. Considerato come uno degli esponenti della 
“giovane scuola” o “scuola verista” del suo tempo, il C. si distingue dagli altri (P. Mascagni, G. Puccini, R. Leoncavallo, U. Giordano) per una sua corda lirica, che effonde le sue risonanze migliori nei momenti di struggente e dolce malinconia;
in lui il verismo è velato da tinte crepuscolari.