Jules Massenet: Werther

 

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Werther è un dramma lirico in quattro atti di Jules Massenet su libretto in francese di Édouard Blau, Paul Milliet e Georges Hartmann, tratto dal romanzo epistolare I dolori del giovane Werther di Goethe.
Massenet iniziò a lavorare su questo progetto fin dal 1880 e lo scrisse poi principalmente negli anni tra il 1885 e il 1887. Ma la prima rappresentazione, con libretto tradotto in tedesco da Max Kalbeck, avvenne solo nel 1892, il 16 febbraio al Wiener Staatsoper. Riscosse un buon successo e fino al 2013 ha avuto 120 recite viennesi. Il 13 novembre 1892 avviene la prima nel Deutsches Nationaltheater di Weimar. La prima rappresentazione della versione in francese si tenne al Grand Théâtre di Ginevra il 27 dicembre 1892.

Il 16 gennaio 1893 avviene la prima nel Théâtre national de l’Opéra-Comique di Parigi ed il 24 gennaio al La Monnaie/De Munt di Bruxelles.

Negli Stati Uniti il 29 marzo 1894 avviene la prima nell’Auditorium Building di Chicago con Jean de Reszke diretto da Luigi Mancinelli per il Metropolitan Opera e fino al 2004 ha avuto 73 rappresentazioni.

Nel Regno Unito la prima è stata l’11 giugno 1894 nel Royal Opera House, Covent Garden di Londra con de Reszke per la Sir Augustus Harris Opera Company.

Al Teatro alla Scala di Milano la prima è stata il 20 marzo 1895 nella traduzione di Giovanni Targioni-Tozzetti (librettista) e Guido Menasci con Rosina Storchio.

L’11 marzo 1897 avviene la prima nel Teatro del Corso di Bologna.

Al Teatro La Fenice di Venezia la prima è stata il 18 aprile 1897.

Il 26 giugno 1897 avviene la cinquantesima recita nel Théâtre national de l’Opéra-Comique.

Il 29 aprile 1899 avviene la prima nel Gran Teatre del Liceu di Barcellona.

Al Teatro Costanzi di Roma va in scena il 30 dicembre 1899 con Fernando De Lucia.

Il 13 gennaio 1901 avviene la prima nel Teatro Nazionale di Praga.

Il 28 febbraio 1901 avviene la prima nel Teatro Duse (Bologna).

Nel 1902 venne allestito a San Pietroburgo in una particolare edizione con il celebre baritono Mattia
Battistini nel ruolo di Werther, originariamente scritto per tenore, adattato appositamente al registro di
baritono dal compositore francese, tale era all’epoca il prestigio del cantante italiano.

Il 26 settembre 1905 avviene la centesima recita nel Théâtre national de l’Opéra-Comique.

Il 6 gennaio 1906 avviene la prima nel Teatro Regio di Parma ed il 16 aprile 1912 nel Teatro Verdi di Bologna
con Gilda Dalla Rizza.

Nel 1917 avviene la prima nel Teatro Apollo di Bologna e nel 1918 nel Teatro Comunale di Bologna diretta da
Rodolfo Ferrari.

Nel 1919 avviene la cinquecentesima recita nel Théâtre national de l’Opéra-Comique e nel 1920 la numero 570.

Nel 1920 avviene la prima nel Teatro Donizetti di Bergamo.

Nel 1928 avviene la millesima recita nel Théâtre national de l’Opéra-Comique con Giuseppe Lugo.

Nel 1935 avviene la prima nel Teatro Regio di Torino diretta da Franco Ghione con Iris Adami Corradetti con
Tito Schipa.

Al San Francisco Opera va in scena nel 1935 con Schipa diretto da Gaetano Merola.

Al Teatro Verdi (Trieste) va in scena nel 1943 con Schipa e Gianna Pederzini diretti da Franco Capuana.

Nel 1949 avviene la prima nel Teatro Nuovo di Torino diretta da Gianandrea Gavazzeni con Jolanda Gardino e
Cesare Valletti e nelle repliche la Pederzini e Schipa.

Nel 1950 avviene la prima nel Teatro Metastasio di Prato.

A Bilbao va in scena nel 1959 con Giuseppe Campora e Clara Petrella.

Al Glyndebourne Festival Opera va in scena nel 1966 con la London Philharmonic Orchestra diretta da Carlo
Felice Cillario.

Nel 1983 avviene la prima nel Theatre Royal di Glasgow, nel Theatre Royal di Newcastle, nell’Eden Court
Theatre di Inverness e nel Playhouse Theatre di Edimburgo.

All’Opéra National de Paris va in scena nel 1984 diretta da Georges Prêtre con Tatiana Troyanos e nelle
repliche Alfredo Kraus/Neil Shicoff, Gino Quilico e Lucia Valentini Terrani.

Nel 1999 avviene la prima nell’Opera House di Detroit con Andrea Bocelli.

L’azione si svolge a Wetzlar nell’Assia nell’anno 1780.

Tra i maggiori interpreti di Werther, sino ad oggi, si ricorda il grande tenore di grazia Tito Schipa.

Giacomo Puccini: Turandot

 

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Turandot è un’opera in 3 atti e 5 quadri, su libretto di Giuseppe Adami e Renato Simoni, lasciata
incompiuta da Giacomo Puccini (morto il 29 novembre 1924) e successivamente completata da Franco Alfano.

La prima rappresentazione ebbe luogo nell’ambito della stagione lirica del Teatro alla Scala di Milano
il 25 aprile 1926, con Rosa Raisa, Francesco Dominici, Miguel Fleta, Maria Zamboni, Giacomo Rimini e
Giuseppe Nessi sotto la direzione di Arturo Toscanini, il quale arrestò la rappresentazione a metà del
terzo atto, due battute dopo il verso «Dormi, oblia, Liù, poesia!» (alla morte di Liù), ovvero dopo
l’ultima pagina completata dall’autore, rivolgendosi al pubblico con queste parole: «Qui termina la
rappresentazione perché a questo punto il Maestro è morto.» La sera seguente, l’opera fu rappresentata,
sempre sotto la direzione di Toscanini, includendo anche il finale di Alfano.

L’incompiutezza dell’opera è oggetto di discussione tra gli studiosi. C’è chi sostiene che Turandot
rimase incompiuta non a causa dell’inesorabile progredire del male che affliggeva l’autore, bensì per
l’incapacità, o piuttosto l’intima impossibilità da parte del Maestro di interpretare quel trionfo
d’amore conclusivo, che pure l’aveva inizialmente acceso d’entusiasmo e spinto verso questo soggetto.
Il nodo cruciale del dramma, che Puccini cercò invano di risolvere, è costituito dalla trasformazione
della principessa Turandot, algida e sanguinaria, in una donna innamorata.

Jean Philip Rameau: Castore e Polluce

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Jean-Philippe Rameau: Castor et Pollux
Tragedia in musica (un prologo e cinque atti) su testi di Pierre-Joseph Bernard
Prima rappresentazione: Parigi, Opéra, 24 ottobre 1737

Quest’opera, terza esperienza di Rameau in campo teatrale dopo “Hyppolite et Aricie” e
“Les Indes galantes”, è probabilmente  il suo capolavoro; la partitura riesce a descrivere
con forza la poetica degli affetti, i conflitti e i contrasti tra dovere e passione, tra vivace
sensualità e cupa malinconia, ma più di ogni altra cosa, attualizza la dedizione, sino al sacrificio
supremo, dei due fratelli. Tra i vari momenti interessanti di quest’opera sono da evidenziare
alcune arie particolarmente toccanti, tra cui la famosa “Tristes apprêts, pâles flambeaux”,
nonché la celebre ciaccona dell’ultimo atto.

Il pubblico accoglie con poco entusiasmo questo lavoro di Rameau che, dopo 21 repliche, resta
accantonato per quasi 18 anni. Rameau, nel 1754, sottopone la partitura  a una radicale revisione,
ne fa anche una riduzione per musica da camera, e la porta in scena mentre infuria la polemica tra i
fautori dell’opera comica italiana e quelli della “tragédie lyrique”, la cosiddetta Querelle des Bouffons.
Questa volta l’opera riscuote notevoli apprezzamenti e in breve tempo viene considerata la risposta più
efficace al partito dei “buffonisti”, che nel 1752 avevano presentato al pubblico francese
“La serva padrona” di Pergolesi.

Il librettista Pierre-Joseph Bernard rielabora il mito dei Dioscuri in modo assai libero ed originale, e,
pur lasciando inalterato il tema della fratellanza, modifica la vicenda dei due fratelli, sia rispetto
alle fonti classiche, sia rispetto a quelle rinascimentali.

Alirio Diaz interpreta Rodrigo, Giuliani

 

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Alirio Díaz (Carora, 12 novembre 1923) è un chitarrista venezuelano.
Nasce il 12 novembre 1923 da famiglia rurale e numerosa. I modesti mezzi della famiglia non
 gli impedirono di cimentarsi in diversi strumenti prima di optare per quello in cui si
sarebbe specializzato e che gli avrebbe reso fama mondiale. Ad appoggiare quella che si
confermerà la sua vocazione fu Cecilio (Chío) Zubillaga Perera, che lo appoggiò nella scelta della sua
strada, facendogli quasi da pigmalione. A Caracas, dove arrivò nel 1945, iniziò a studiare musica presso
la Escuela Superior de Música (dove suo maestro di chitarra fu Raúl Borges). A partire dal 1950 si esibì
 con crescente successo in tutto il paese, distinguendosi in particolare in un concerto tenutosi nella
capitale in occasione del bicentenario dalla morte di Bach (di cui eseguì la celebre Ciaccona).
Viaggiò dunque in Europa, per perfezionare la sue doti artistiche. In Spagna rafforza la sua fama di
 concertista e inizia a stringere importanti relazioni con le principali figure della chitarra spagnola
(fra cui Joaquín Rodrigo, Federico Moreno Torroba, García Nieto, Narciso Yépes, Emilio Pujol, Daniel Fortea,
Eugenia Serrano e Federico Mompou). Giunto in Italia (nel 1951) conobbe Andres Segovia, grazie ai cui
insegnamenti si perfezionò e ne divenne il successore all’Accademia Chigiana di Siena. Si dedicò per anni
all’insegnamento, oltre che a migliorare se stesso, ma dall’inizio degli anni ottanta ha ridotto il tempo
ed energie finora ad esso dedicate, per riversarle sui concerti, sulle tournée e sulle incisioni discografiche.
 È interprete di un repertorio che abbraccia pressoché tutta la letteratura chitarristica classica.

 

Puccini: Tosca

 

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Tosca è un’opera lirica in tre atti di Giacomo Puccini, su libretto di Giuseppe Giacosa e Luigi Illica. La prima rappresentazione si tenne a Roma, al Teatro Costanzi, il 14 gennaio 1900.
Il libretto deriva da La Tosca di Victorien Sardou, il dramma rappresentato per la prima volta il 24 novembre 1887 al Théatre de la Porte-Saint-Martin di Parigi, il cui successo fu legato soprattutto all’interpretazione diSarah Bernhardt nei panni della protagonista.

Verdi: Il Trovatore

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Il trovatore è un’opera di Giuseppe Verdi rappresentata in prima assoluta il 19 gennaio 1853 al
Teatro Apollo di Roma. Assieme a Rigoletto e La traviata fa parte della cosiddetta trilogia popolare.

Il libretto, in quattro parti e otto quadri, fu tratto dal dramma El Trovador di Antonio García Gutiérrez.
Fu Verdi stesso ad avere l’idea di ricavare un’opera dal dramma di Gutiérrez, commissionando a Salvadore  Cammarano la riduzione librettistica. Il poeta napoletano morì improvvisamente nel 1852, appena terminato  il libretto, e Verdi, che desiderava alcune aggiunte e piccole modifiche, si trovò costretto a chiedere  l’intervento di un collaboratore del compianto Cammarano, Leone Emanuele Bardare.
Questi, che operò su  precise direttive dell’operista, mutò il metro della canzone di Azucena (da settenari a doppi quinari) e  aggiunse il cantabile di Luna (Il balen del suo sorriso – II.3) e quello di Leonora  (D’amor sull’ali rosee – IV.1). Lo stesso Verdi, inoltre, intervenne personalmente sui versi
finali dell’opera, abbreviandoli.

La prima rappresentazione fu un grande successo: come scrive Julian Budden, «Con nessun’altra delle sue  opere, neppure con il Nabucco, Verdi toccò così rapidamente il cuore del suo pubblico».