Scarica qui la sinfonia nr.7 di Beethoven
La Sinfonia n. 7, scritta a distanza di tre anni dalla Sinfonia n. 6 “Pastorale”,
tra il 1811 ed il 1812, non ha una linea di continuità con le precedenti sinfonie,
che furono composte dal 1801 al 1808 senza interruzione. Tra il 1809 e l’inizio della
composizione della nuova sinfonia, Beethoven aveva portato a termine il Concerto
per pianoforte n. 5, l’ultimo, (1809), le musiche per l’Egmont di Goethe completate
intorno al 1810, il Quartetto in fa minore op. 95, dello stesso anno.
La scrittura della Sinfonia n. 7 iniziò a Teplitz, una città termale in Boemia dove
Beethoven seguiva una cura nel 1811, sperando recuperare ivi il suo udito[1].
La prima esecuzione ebbe luogo l’8 dicembre del 1813 nella sala grande dell’Università
di Vienna per un concerto di beneficenza. Richard Wagner in L’opera d’arte dell’avvenire
così descrisse questa sinfonia: «La sinfonia è l’apoteosi della danza:
è la danza nella sua suprema essenza, la più beata attuazione del movimento
del corpo quasi idealmente concentrato nei suoni. Beethoven nelle sue opere
ha portato nella musica il corpo, attuando la fusione tra corpo e mente.»
Scarica qui la Manon di Massenet
Manon è un’opera lirica in cinque atti e sei quadri di Jules Massenet, composta su libretto
di Henri Meilhac e Philippe Gille e soggetto tratto dal romanzo Histoire du chevalier des Grieux et
de Manon Lescaut dell’abate Antoine François Prévost.
Massenet cominciò a lavorare a quest’opera già nel 1881 e dopo poco più di due anni ebbe luogo la sua
prima rappresentazione Théâtre national de l’Opéra-Comique di Parigi il 19 gennaio 1884 con Marie Heilbron.
L’opera ebbe subito un’accoglienza trionfale ed il successo della première fu a lungo replicato (78 recite
subito e 2000 fino al 1952). Massenet ricevette i
complimenti da Čajkovskij, che si trovava a Parigi e che la vide rappresentata durante una delle repliche.
L’opera fu rappresentata nel Regno Unito al Royal Court Theatre di Liverpool il 17 gennaio 1885, al Royal
Lyceum Theatre di Edimburgo l’11 novembre ed al Grand Theatre di Glasgow il 25 novembre per il Carl Rosa
Opera Company nella traduzione di Joseph Bennett e negli Stati Uniti all’Academy of Music di New York il
23 dicembre dello stesso anno.
Al Wiener Staatsoper la premiere è stata il 19 novembre 1890 e fino ad oggi è andata in scena centodieci
volte.
Al Royal Italian Opera (oggi Royal Opera House) la prima è stata il 19 maggio 1891 e fu rappresentata in
Italia solo il 18 novembre 1893, quando avvenne la prima rappresentazione nel Teatro Carignano di Torino
nella traduzione italiana di Angelo Zanardini con la regia di Ruggero Leoncavallo. Al Teatro dell’Opera di
Roma va in scena il 21 aprile 1894.
Scarica qui La wally di Catalani
Nel 1889, Catalani iniziò la stesura della sua ultima opera (tratta da un racconto di Wilhelmine von Hillern),
terminandola nel marzo del 1891. Successivamente, nell’estate del medesimo anno, si recò in Tirolo assieme al
celebre scenografo Adolf Hohenstein per osservare gli usi e i costumi locali.
Il 20 gennaio 1892, La Wally andò in scena al Teatro alla Scala di Milano, con la direzione di Edoardo
Mascheroni e un esito molto buono (ebbe tredici repliche). Subito dopo, l’opera venne allestita con successo
anche in altre città, nonostante l’opposizione di Giuseppe Verdi, che accusava Catalani di scegliere soggetti
tedeschi, e che perciò lo vedeva come un traditore della patria (in seguito si pentirà però di tale giudizio).
L’opera arrivò anche ad Amburgo, dove venne diretta da Gustav Mahler, che la giudicò la migliore opera
italiana che aveva diretto. Vennero pianificate delle rappresentazioni anche per il Regio di Torino (1894),
da intendersi come una nuova prima (avendo Catalani modificato il finale dell’opera), ma il compositore non
potrà mai assistervi poiché morì nell’agosto del 1893.
La Wally è stata sempre considerata come la migliore di tutte le opere catalaniane, sia per la
bellezza della musica che per la coerente tenuta drammaturgica, che vieppiù si rafforza col nuovo finale.
E infatti, a dispetto delle forti riserve della critica, l’opera ebbe in passato una buona diffusione,
arrivando anche in America, soprattutto per merito di Arturo Toscanini, sincero ammiratore di Catalani,
che la dirigerà più volte (a una delle proprie figlie darà addirittura il nome di Wally e al proprio figlio
quello di Walter).
Soprattutto in Italia, la fama dell’opera si è nel tempo un po’ ridimensionata, al punto che di essa
si conosce solo la splendida romanza Ebben? Ne andrò lontana. Tuttavia, tramite un ascolto approfondito,
si possono cogliere altri momenti di grande ispirazione (ad esempio i preludi orchestrali al III e IV atto).
La Wally, insomma, è un’opera che attende una piena rivalutazione, vista l’importanza che riveste
nell’evoluzione dell’opera italiana, senza dimenticare l’influsso avuto sul giovane Giacomo Puccini,
che nel 1883 (ai tempi del Conservatorio) ebbe modo di assistere ad una replica di Dejanice che gli
piacque molto, e che in seguito prese spunto nella sua evoluzione proprio da Catalani, tra l’altro
lucchese come li.
Dopo la rappresentazione dell’opera al festival di Bregenz nel 1991, La Wally ha ripreso piede in alcuni
teatri centro-europei; successivamente le rappresentazioni si sono allargate alla Scandinavia e all’Europa
orientale. In Italia, al contrario, Catalani resta un compositore ancora da riscoprire.