Domenico Zipoli

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Domenico Zipoli (Prato, 17 ottobre 1688 – Córdoba, 2 gennaio 1726) è stato un gesuita, missionario e compositore italiano. Si offrì volontario per lavorare nelle Riduzioni gesuite del Paraguay dove la sua conoscenza musicale aiutò molto i Guaraní a sviluppare il loro naturale talento musicale. Egli è ricordato come il musicista più completo tra i gesuiti missionari.

Nicola Piccinni: La Cecchina; Domenico Scarlatti: La Dirindina

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Scarica qui La Cecchina di Piccinni e La Dirindina di Scarlatti

 

La buona figliuola – nota anche con il doppio titolo La Cecchina, ossia La buona figliuola – è un dramma giocoso in tre atti musicato da Niccolò Piccinni su libretto di Carlo Goldoni (che utilizzò lo pseudonimo di Polisseno Fegejo).

Il libretto di Goldoni fu tratto dal romanzo Pamela, or Virtue Rewarded (Pamela, o la virtù ricompensata) di Samuel Richardson. Dal medesimo autore Goldoni aveva già tratto le commedie Pamela nubile e Pamela maritata.

Il testo della Buona figliuola capitò tra le mani di Piccinni che decise di metterlo in musica: l’opera debuttò il 6 febbraio 1760 al Teatro delle Dame di Roma con un grandioso successo. Nell’anno successivo Goldoni scrisse un seguito della vicenda, chiamato La buona figliuola maritata, che venne rappresentato a Bologna con musica sempre di Piccinni.

L’opera fu composta in soli diciotto giorni. Il successo della prima esecuzione le garantì repliche fino alla fine del XVIII secolo (per un suo recupero in tempi moderni si sarebbe dovuto attendere la Barocco renaissance del XX secolo) e raggiunse una tale popolarità che a Roma si diffuse una moda detta alla Cecchina.

Il 19 maggio 1764 avviene la prima come Das gute Mädchen ai Castelli di Laxenburg con Gaetano Guadagni, il 25 novembre 1766 al Her Majesty’s Theatre di Londra ed il 7 dicembre 1778 il successo all’Académie Royale de Musique di Parigi dove il 15 aprile 1779 avviene la prima come La bonne fille mariée.

La Dirindina

Dirindina è un’azione scenica senza scenografia, sostituita quest’ultima dall’orchestra in palcoscenico. I cantanti in costume d’epoca si muovono intorno agli orchestrali in moderna tenuta da concerto. A guadagnare la scena, sul finire dell’Intermezzo I, è l’irrompere di un clarinettista che trasformando alcuni incisi tematici precedentemente ascoltati in un originale Intermezzo composto da Luigi De Filippi, conduce man mano cembalo, archi e poi anche le voci in un’atmosfera legata ai nostri tempi. Quasi un sogno, che si dissolve poi sull’altro sogno: quello settecentesco e buffo dell’Intermezzo II de La Dirindina di Domenico Scarlatti.

Ifigenia in Tauride

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Scarica qui Ifigenia in Tauride

Iphigénie en Tauride (“Ifigenia in Tauride”) è una tragédie lyrique in quattro atti di Christoph Willibald Gluck su libretto di Nicolas-François Guillard. Rappresentata con successo per la prima volta all’Opéra di Parigi il 18 maggio 1779, costituisce la sesta e penultima delle opere che il compositore tedesco scrisse ex novo o rielaborò profondamente per i palcoscenici francesi.

Boris Gudonov

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Scarica qui Boris Gudovov

Boris Godunov (in russo Борис Годунов, Boris Godunov) è un’opera lirica di Modest Petrovič Musorgskij, su libretto proprio, basata sul dramma omonimo di Aleksandr Sergeevič Puškin e sulla Storia dello Stato Russo di Nikolaj Michajlovič Karamzin. È la sola opera lirica completata da Musorgskij ed è considerata il suo capolavoro; oltre ad essere una pietra miliare della scuola russa ottocentesca: influenzerà in maniera non indifferente la musica europea di gran parte del Novecento. La musica è stata composta con quel particolare stile che riflette la profonda conoscenza del compositore della musica popolare del suo paese e che rifiuta volontariamente l’influenza delle scuole operistiche tedesca e italiana. Puškin basò il suo dramma sul personaggio storico di Boris Godunov, traendo larghe ispirazioni dall’Amleto di William Shakespeare. Una migliore comprensione dell’opera è facilitata dalla conoscenza degli eventi storici relativi al cosiddetto Periodo dei torbidi, quel periodo di interregno, guerre e disordini in Russia che seguì la fine della dinastia dei Rurikidi (1598) fino all’avvento della dinastia dei Romanov (1613).

Nell’opera lirica, ambientata tra il 1598 e il 1605, Boris Godunov diventa Zar di tutte le Russie dopo l’uccisione, avvenuta in circostanze misteriose, dell’erede legittimo al trono, lo Zarevic Dmitrij Ivanovič, figlio di Ivan il Terribile, ed aver di fatto esercitato il potere durante il regno di Fëdor I (altro figlio di Ivan), considerato mentalmente inabile per governare. Nonostante i suoi sforzi per mantenere una condotta di regno più umana rispetto a Ivan il Terribile, la Russia precipita presto nel caos e nella povertà. Un giovane monaco, Grigorij, dopo una fuga rocambolesca dal monastero, si fa passare per lo Zarevic Dmitrij e riesce a sposare Marina Mniszech, una nobile polacca; dopo aver convinto il re di quel paese della legittimità del suo matrimonio, il falso Dmitrij organizza l’invasione della Russia da parte delle truppe polacche. Boris Godunov, assillato da sensi di colpa e in preda ad allucinazioni, precipita nella follia e muore, designando il proprio figlio Fëdor come successore.

 

Giuseppe Verdi: Un ballo in maschera

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Scarica qui Un ballo in maschiera di Giuseppe Verdi

Un ballo in maschera” è la ventitreesima opera di Verdi. Forse pochi lavori hanno avuto la stessa travagliata storia, potremmo dire che quest’opera fu il Calvario di Giuseppe Verdi. Un Calvario, però, da cui egli uscì trionfante, sia nel confronti del pubblico che della censura e, solo poi, della critica. Nel 1856, aveva preso accordi con il San Carlo di Napoli per un’opera. Inizialmente voleva rappresentare un “Re Lear”, ma dovette rinunciarvi perché giudicava i cantanti come inadeguati, scrisse :” a eccezione di Coletti, nessuno sarebbe a posto”. La questione andò per le lunghe, tanto che il contratto fu firmato solo nel Febbraio dell’anno successivo, per un soggetto nuovo.

“Un ballo in maschera” è ispirato al dramma “Gustave III, ou Le bal masqué” di Eugène Scribe, che portava avanti in teatro l’idea della “pièce bien faite”. Questo si rifaceva ai fatti dell’omicidio del re di Svezia avvenuto nel 1792 ed era stato già musicato nel ’33 da Auber, poi nel ’41 da Gabussi e infine nel ’43 da Mercadante, quindi non era affatto un novità per l’opera. Il libretto gli piaceva molto lo definì “grandioso, vasto e bello”, ma da subito ebbe problemi con la censura borbonica. Già in “Rigoletto” il tema del regicidio era stato un grosso ostacolo che col “Ballo” si ripresentò. Oltretutto il re nella storia non dava prova di rettitudine portando avanti una relazione clandestina e nella situazione politica di allora, da poco Ferdinando II aveva subito un attentato, era sconsigliabile portare in scena questa storia.

 

Donizetti: don Sebastiano

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Dom Sébastien de Portugal è un dramma serio in cinque Atti di Eugè ne Scribe, tratto dal dramma omonimo di Paul Henri Foucher (1838) e musicato da Gaetano Donizetti tra il febbraio e il novembre del 1843. La prima rappresentazione avvenne al Thé’tre de l’Opéra di Parigi, ll 13 novembre 1843, sotto la direzione di Fran’ois Antoine Habeneck. Donizetti revisionò l’opera per l’allestimento del 6 febbraio 1845 al K’rntnerthortheater di Vienna, aggiungendo un’Aria di Zayda nel secondo Atto. La versione italiana, eseguita alla Scala di Milano il 14 agosto 1847, è la traduzione di Giovanni Ruffini e somiglia più al libretto tedesco, che a quello parigino.

 

Bellini: Norma

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Norma è un’opera in due atti di Vincenzo Bellini su libretto di Felice Romani, tratto dalla tragedia Norma, ou L’infanticide di Louis-Alexandre Soumet (1786-1845).
Composta in meno di tre mesi, nel 1831, fu data in prima assoluta al Teatro alla Scala di Milano il 26 dicembre dello stesso anno, inaugurando la stagione di Carnevale e Quaresima 1832.
Quella sera l’opera, destinata a diventare la più popolare tra le dieci composte da Bellini, andò incontro a un fiasco clamoroso, dovuto sia a circostanze legate all’esecuzione, sia alla presenza di una claque avversa a Bellini e alla primadonna, il soprano Giuditta Pasta. Non solo, ma l’inconsueta severità della drammaturgia e l’assenza del momento più sontuoso, il concertato che tradizionalmente chiudeva il primo dei due atti, spiazzò il pubblico milanese.
Il soggetto è ambientato nelle Gallie al tempo dell’antica Roma, e presenta espliciti legami con il mito di Medea. Fedele a questa idea di classica sobrietà, Bellini adottò per Norma una tinta orchestrale particolarmente omogenea, relegando l’orchestra al ruolo di accompagnamento della voce.

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