POEMI SINFONICI
La forma del poema sinfonico è stata illustrata nella storia della musica, dai piu grandi compositori. Basti rammentare Liszt, Berlioz, Strauss per dire soltante qualche nome.
Forse il programma su cui germinano i poemi stessi eccita in modo particolare l’estro creativo dei musicisti; l’idea, insomma, a cui s’informa la composizione fa da forza trainante.
Certo il poema, per la sua stessa struttura, è meno complesso della sinfonia che ha un più forte scheletro e una più massiccia architettura e che perciò obbliga il compositore al rispetto di rigide regole formali entro le quali la fantasia deve muoversi e fare il suo gioco.
Ma, per contro, è una forma più libera e snella in cui il colore strumentale, la bella orchestrazione, hanno parte primaria. E così abbiamo pagine davvero incanteveli fra le quali si situano, di diritto, i poemi sinfonici di Antonin Dvorak.
Li ho ascoltati, in questi giorni (due microsolco della << Deutsche Gram- mophon >> numerati 2530 712 e 2530 713), nell’iinterpretazione di uno dei più raffinati direttori d’orchestra del nostro secolo: Rafael Kubelik.
I titoli delle cempesizieni dvorakiane sono i seguenti: Le spirito delle acque op. 107, La strega del mezzo giorno op. 108, L’arcolaio d’oro op. 109, La colomba del bosco op. 110. Inoltre i dischi comprendono le variazioni sinfoniche su un tema originale op. 78 dello stesso Dvorak.
Esecuzione magistrale: non posso usare altro termine!
I trilli, i tremoli, le sordine, l’improvviso primo piano di uno strumentino, il cupo brontolio degli archi bassi: altrettante occasioni di bravure per un’orchestra ammaliziata come quella della Bayerischen Rundfunk.
Soprattutto se a guidarla c’è un Kubelik.